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Perché non preleviamo tempo libero anziché tasse?

Gli Svedesi (come pure gli Olandesi) per anni guidarono la corsa ai benefici sociali. Ma, ad un certo punto, si videro costretti ad una drastica riduzione della spesa pubblica per rilanciare la loro economia.

L’economia e lo stato sociale sembra che non vadano proprio d’accordo. Bisognerebbe studiare delle soluzioni che stabiliscano fra le due categorie un rapporto di vero equilibrio.

In realtà, il dibattito è aperto da anni.

Negli anni Ottanta, la Svezia affrontò seriamente la questione, istituendo il Segretariato per gli studi sul futuro.

Come scrisse, in quegli anni, Denis R. Doyle (sulle colonne di The Wall Street Journal), la Svezia analizzò accuratamente la sua economia e le tendenze sociali dell’epoca. Proiettando i costi dello stato assistenziale, il Segretariato svedese giunse alla conclusione che, nel medio periodo, il 61 per cento del prodotto nazionale lordo si sarebbe liquefatto in tasse. Occorreva, dunque, ridurre la spesa pubblica, cercando, però, di non incidere negativamente sulla qualità e quantità dell’assistenza.

Il Segretariato svedese propose, allora, l'istituzione del “settore indipendente”. Cosa vuol dire? Semplicemente, “volontariato obbligatorio”. In termini espliciti, il Segretariato consigliò allo Stato svedese di “prelevare tempo libero” anziché tasse. Ogni cittadino, dai 19 ai 65 anni, avrebbe dovuto mettere al servizio della comunità dalle quattro alle sei ore la settimana del suo tempo libero. Tanto per cominciare – proseguiva il Segretariato –, già all’età di 11 anni, al cittadino dovrebbero essere assegnati diversi compiti: pulire, fare commissioni e aiutare le persone non autosufficienti.

Cosa ne è stato di quel progetto, non è dato saperlo.

Ma, a ben pensarci, potrebbe essere una valida soluzione: ci sarebbero più risorse da destinare al rilancio dell’economia, lo stato sociale non ne soffrirebbe e – argomento a noi tutti caro – ci sarebbe una minore e più equa pressione fiscale.

Inoltre, in Italia, una simile soluzione (che meriterebbe di essere approfondita) non sarebbe malvista. Nel nostro Paese, il volontariato è, infatti, un fenomeno vivo e piuttosto tangibile. Va solo “formato” e meglio organizzato.