Ritrovata nel luglio 2006, ora è in mostra a Bari. E rivela un altro Gargano.
E' una recente scoperta che si pone tra le più rilevanti nel quadro dei rinvenimenti archeologici sul Gargano e che ha visto aprire i battenti, in termini di mostra, in terra di Bari, la scorsa settimana. Era il 5 luglio del 2006, quando all'interno del cortile del Palazzo Comunale di Vieste, si era intenti ai lavori di scavo per la creazione di una vasca di raccolta acque per adeguamento idrico dell'edifico scolastico. L'operatore del mezzo meccanico Alessandro DEL VECCHIO, grazie a Dio, con molta perizia e grande senso di rispetto, dopo essersi accorto che non si trattava di mera roccia, pur avendo intaccato quello che poi è risultato essere uno dei lastroni della struttura tombale, bloccò il tutto interessando il suo datore di lavoro e l’Ispettore onorario ai Beni Architettonici e Paesaggio del Comune di Vieste Giuseppe RUGGIERI, che da circa un trentennio si interessa all’archeologia del territorio ed alla ricostruzione storica dei rinvenimenti archeologici e che, proprio in quei giorni, periodicamente nell’arco della giornata, come suo solito, aveva preso a frequentare l’area del cantiere. La scoperta, in verità, non è avvenuta per caso, come avviene spesso quando il passato decide di irrompere inaspettatamente tra noi, ma è il frutto pluriennale di silenziosa ricerca e sofferte attenzioni per il proprio territorio. Ad una prima osservazione l’ispettore onorario già individuava la tipologia tombale e ne anticipava la datazione, che veniva, più tardi, confermata dallo scavo archeologico condotto dai tecnici della Soprintendenza Archeologica della Puglia. Da venerdì scorso 4 maggio e fino al 31 luglio tutto il materiale ritrovato è in bella mostra presso i saloni di Palazzo Simi, nel cuore di Bari Vecchia, per una esposizione dal titolo "Gargano – tesori archeologici dalla tomba di una élite", la cui inaugurazione è avvenuta alla presenza del Presidente del Parco del Gargano Giandiego GATTA e del sindaco del Comune di Vieste Ersilia NOBILE. "Simili ritrovamenti danno spessore alla nostra offerta turistica perché consentono di qualificare culturalmente il Gargano a livello nazionale, consentendo a chi ci viene trovare di trascorrere una vacanza all'insegna dell'autentica emozione" ha detto GATTA "La nostra intenzione è quella di trasferire la mostra anche a Vieste dopo il termine del 31 luglio" ha auspicato il sindaco Ersilia NOBILE. Chi invece non si limita a questi primi ritrovamenti ma vuole andare oltre e pensa quindi al proseguo dell'avventura, in termini di scoperta, è la dottoressa Giovanna PACILIO, direttore archeologo. La quale chiede aiuti e sovvenzionamenti, pregustando l'eccezionalità della scoperta, non solo in termini storici e scientifici, ma soprattutto in termini culturali e turistici: "Chiedo che sia il Parco che il Comune di Vieste continuino a darci una mano, ad aiutarci nella ripresa degli scavi, per ché tutto lascia pensare che vi sia altro ancora da riportare alla luce, poiché a meno di cinque centimetri dalla tomba, abbiamo rinvenuto dell'intonaco. Segno questo che fa intravedere la possibilità, oltre alla tomba, di fare altre eccezionali scoperte". "Non farò mancare l'aiuto del Parco. Attraverso i fondi Pis e Por è possibile attivare canali di finanziamento" ha risposto GATTA. La mostra presenta reperti di due delle ventisei sepolture e gli oggetti più significativi e preziosi rinvenuti nella tomba scavata nel cortile del Palazzo Comunale nell'estate scorsa. Tra i materiali rinvenuti si evidenzia un bicchiere di argento, una gemma in cristallo di rocca ed altri ancora alquanto pregiati, che lasciano intuire l’appartenenza della struttura funeraria ad una élite garganica del passato. Le prime informazioni derivanti dagli studi ancora in corsi sullo scheletro, permettono di riconoscere un individuo con età tra i 45 e i 50 anni, alto circa 170 centimetri. Simbolo dell'alta classe sociale degli inumati è il cristallo di rocca, dato da una varietà di quarzo trasparente. Ma perché l'esordio della mostra è stata fatto a Bari? "Nasce dalla volontà di rendere partecipe anche il pubblico non "dauno" dell'entusiasmo e dell'importanza per una scoperta avvenuta nel territorio della Daunia" ha spiegato la Pacilio. Di spessore i vari reperti esposti in bacheca. Oltre al cristallo di rocca, non di minor raffinatezza e pregevolezza è l'oinokoe trilobata in pasta vitrea, con un motivo decorativo a festone, di produzione alessandrina, che pur rappresentando una forma comune nella produzione di oggetti in pasta vitrea del III sec. a.C. attesta l'importanza commerciale di Vieste nella prima età ellenistica, nel Mediterraneo Occidentale, che per la sua ubicazione sembra scivolare nel mare protendendosi verso "1'antico corridoio" percorso da millenni per millenni. Tra i numerosi oggetti riportati alla luce, cospicui sono i materiali appartenenti al mondo muliebre, sia oggetti d'uso che ornamenti: gli specchi il cui ruolo è precipuo nella cura della bellezza femminile, uno di essi conserva ancora la teca, gli aghi crinali in osso e il prezioso pendaglio in oro a doppia lamina, con appiccagnolo ad anello, con collarino liscio, corpo decorato da losanghe incise da baccellatura e globetto a formare il puntale. Tra i reperti esposti appartenente al primo corredo è la lagynos, vaso a fiasco con ansa verticale, che trova in Daunia un riscontro in una simile rinvenuta nella tomba delle "Anfore" ad Arpi, datata nell'ambito della metà del II sec. a. C.