I consumatori non paghiamo la tassa di ricarica ma siamo costretti a fare più chiamate. Le compagnie critiche infondate.
L'abolizione dei costi fissi sulle ricariche telefoniche; entrata in vigore i15 marzo con il decreto Bersani, ha fatto segnare nei bilanci delle compagnie di telefonia mobile, alla voce perdite, cifre significative. Mancati introiti che hanno portato gli operatori a modificare in tutta fretta i piani tariffari, con rincari anche del 20 %, al fine di recuperare in altro modo i milioni di euro volatilizzati, anche con manovre poco "ortodosse" che hanno messo sul chi vive le Autorità di settore; come l'Agcom, che circa un mese fa ha avviato due procedimenti sanzionatori a carico di Wind. Una "caccia al tesoro perduto" che ha fatto storcere il naso ai possessori di una"sim card" (in Italia ce ne sono 70 milioni; e, da una ricerca Doxa, sono i giovani fra 14 e 18 anni i maggiori utilizzatori: i191 °% possiede un telefonino), diventati sensibili anche ad anomalie come le improvvise interruzioni delle chiamate con il cellulare. Capita sempre più spesso che la conversazione si interrompa, costringendo a riselezionare il numero e a pagare il conseguente "scatto alla risposta". Un tentativo di riprendersi così quanto "tolto" per decreto? Nel Paese del «a pensar male si fa peccato ma spesso ci s'azzecca», il collegamento con la sparizione del guadagno da ricarica per i gestori è venuto automatico. Un fenomeno segnalato dai consumatori alle varie associazioni di consumatori. Secondo molti, si sta verificando con frequenza maggiore proprio da quando Bersani ha sferrato la sua "lenzuolata". «In effetti – spiega Elio Lannutti, Presidente Adusbef- ci sono arrivate segnalazioni proprio in questo senso. Stiamo verificando e intanto abbiamo già provveduto a girare il tutto all'attenzione delle autorità competente. Noi non abbiamo potere di intervenire, ma certamente lotteremo perché ciò che è uscito dalla porta non rientri dalla finestra».