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Pacemaker: ora anche a Manfredonia

L’equipe diretta dal prof. Lorenzo Pellegrino ha impiantato i primi tre stimolatori elettrici cardiaciImpiantati i primi tre pacemaker a Manfredonia. Gli interventi sono stati eseguiti all’ospedale San Camillo de Lellis, presso l’U.O. di Cardiologia-Utic diretta dal prof. Lorenzo Pellegrino. L’attività della nuova Unità Operativa è entrata a pieno regime a metà ottobre scorso grazie al forte impulso alla creazione dell’Utic in questo presidio ospedaliero dato dal commissario straordinario dell’Asl Foggia, Donato Troiano “il quale ha fatto sì –evidenzia il primario- che quanto programmato non restasse soltanto sulla carta ma trovasse pratica attuazione insieme ad altre importanti realizzazioni che stanno cambiando il volto dell’ospedale di Manfredonia".
"Oggi siamo in grado –aggiunge il dottor Pellegrino- di rispondere alle necessità cardiologiche con tutte le tecnologie attualmente disponibili nel campo della elettrostimolazione di ultima generazione. Fino a poco tempo fa i pazienti erano costretti a rivolgersi ad altre strutture fuori territorio per ricevere questo servizio, ma da oggi, con l’avvio dei primi impianti, possono recarsi tranquillamente nella nostra struttura”.
Apprezzamento è stato espresso dalla coordinatrice territoriale di Cittadinanzattiva, Elonora Pellico, e dal responsabile del Tribunale per i Diritti del Malato di Manfredonia , Antonio Talamo, che plaudono all’impegno con il quale il massimo dirigente della Asl sta riorganizzando e migliorando il servizio sanitario territoriale.L’equipe del prof. Pellegrino è composta da infermieri professionali e da un cardiologo elettrofisiologo, proveniente dalla scuola del prof. Matteo Di Biase, direttore della Cardiologia Universitaria di Foggia, grazie al quale questa nuova specialità si è potuta sviluppare con successo anche nel nostro territorio.
 La tecnologia impiantabile ha fatto passi da gigante. “I pacemaker –spiega Pellegrino- hanno la funzione di stimolare i cuori con un ritmo troppo lento (bradicardia); ma ci sono anche i defibrillatori impiantabili che erogano uno shock per riportare il normale ritmo cardiaco nei pazienti in cui quest’ultimo abbia subito un’accelerazione pericolosa. Altri dispositivi possono anche erogare degli impulsi elettrici nei due ventricoli del cuore al fine di migliorare la sintomatologia dello scompenso cardiaco. Tutti questi dispositivi vengono impiantati in anestesia locale nel torace, nel corso di un intervento che può durare una o due ore”.
Quella dei “pacemaker” è storia recente se si pensa che proprio in questi giorni di dicembre il piccolo dispositivo costruito per aiutare i cuori troppo deboli a battere regolarmente spegne 50 candeline: “cinquant’anni fa era grande come un transistor sostenuto ad un collare esterno: oggi sono piccolissimi, impiantabili e intelligenti”.
Anna Maria Vitulano