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Salma S. Pio, frati smentiscono «Striscia»

 I Frati Cappuccini, dopo il servizio mandato in onda ieri da «Striscia la Notizia», affidano ad una nota la loro verità: «E’ falsa la notizia secondo cui la tomba di Padre Pio sarebbe stata aperta prima del 2 marzo 2008»  «E’ falsa la notizia secondo cui la tomba di Padre Pio sarebbe stata aperta prima del 2 marzo 2008». Lo precisano in una nota i Frati Cappuccini, dopo il servizio mandato in onda ieri da «Striscia la Notizia».
«In relazione alle fantasiose ipotesi formulate circa una presunta rimozione dei sigilli definitivi dalla cassa e una mai effettuata apertura del sepolcro di Padre Pio prima del 2 marzo scorso – si legge – si ritiene opportuno precisare quanto segue, per evitare che la verità storica possa essere alterata dalla pretesa di fare scoop senza un adeguato controllo delle fonti, come prevede la deontologia dell’informazione».
«Dai documenti ufficiali del Comune di San Giovanni Rotondo – riferisce il comunicato – si apprende che il giorno 24 settembre 1968, alle ore 2.45, fu effettuato un accertamento necroscopico sul corpo di Padre Pio e avvenne la sostituzione della bara: al posto di quella ordinaria venne utilizzata quella a tre strati con la quale il Santo è stato sepolto, sulla quale fu possibile collocare una lastra di cristallo. Su questa lastra i sigilli di ceralacca furono apposti nel pomeriggio del 24: alle ore 18.00».
«Il giorno successivo, il 25 settembre – continua la nota – fu effettuata una ulteriore “ricognizione della salma previa asportazione e successiva applicazione dei sigilli». E «la stessa cosa avvenne il 26 settembre, prima della tumulazione. Ma questa volta, dopo la saldatura a fuoco della cassa di zinco, i sigilli definitivi furono apposti alla cassa di metallo e non più sul vetro».
«Il “verbale della tumulazione della venerata salma di Padre Pio da Pietrelcina”, firmato dal sindaco dell’epoca, Giuseppe Sala, dall’ufficiale sanitario del Comune di San Giovanni Rotondo, Giovanni Grifa, e dal segretario capo del Comune, Michele Campanozzi – precisano i frati – riporta anche i nomi delle sei persone che apposero i sei sigilli alla cassa».