Accantonato per un paio di settimane il pallottoliere per contare consiglieri e relativi assessori, il notaio l’ha ripreso di gran lena. Ingessato ed incalzato dalle richieste dei partiti, circondato dai suoi fidi consiglieri, alla fine il buon Pepe ha ceduto riservandosi il numero aureo, tre, in sua quota.
"Ma che veramente pensava di fare di una giunta tecnica- dice Paolo La Torre- secondo me quest’idea non l’ha mai avuta". In odore di assessorato in quota a Fi, La Torre è il primo dei non eletti del Pdl. Stronca le discussioni prelinimari sulla giunta e guarda ciò che orami c’è, tre per Pepe, sette peri partiti. Il totoassessori sta giungendo al traguardo sebbene gli umori restino tetri e si spari su chi pilota le scelte del notaio. Lui era lì che indugiava, attento attento per ridurre le sue pretese a pochi e scelti moschettieri. Magistro Corrado, Di Gioia Leo, Consiglio Billa, probabilmente, sono il notabilato alla corte del presidente giunto alla ribalta per deriva familistica e rango ricercato. Di Gioia, lo abbiamo detto, è uno che "balla da solo", se ne frega degli altri e patteggia per suo conto, Corrado Magistro è quello della prima ora, dirimpettaio di studio, Consiglio figlia di un decano del foro. Ecco tracciato il lembo di territorio su cui si ferma la cavalcata del presidente, tanto rumore per nulla, per ottenere, alla fine, almeno tre. Di tecnico, a questo punto, resta solo la tattica, faccio un sacco di casino e alla fine mi prendo solo ciò che è mio, il resto vada al diavolo. Il pactum 3 a 7 aveva avuto degli stasimi intermedi, come si faceva nelle commedie di un dì. Il notaio la politica la fa da un po’ di tempo, "mica fa un altro lavoro", spiega Paolino La Torre, avrebbe voluto una giunta controllabile, uomini di partito che però rispondessero, in qualche modo, a lui. Invece si è arreso anche su questo, saranno i partiti ad indicare i propri tecnici con casacca propria. Punto. Una fiumana di aspiranti assessori, consulenti ed esperti bussa alla porta di Pepe per farsi aprire. Nel frattempo i pensieri di chi ha vissuto queste fervide ore di preparazione sono del seguente tenore: scelte di Pepe". Nel frullatore dell’esecutivo spuntano altri ingredienti. La territorialità sarebbe un criterio rispettato però anche scarso sul piano della rappresentatività . Se il Sub-Appennino spinge per Vito Guerrera, S. Severo richiede Leonardo Lallo consulente di Carmelo Morra alla comunità Montana, Foggia si fa avanti con Lucia Lambresa e Cerignola con Romano D’Antonio. Stefano Pecorella è dato vicepresidente certo, da Manfredonia ai Monti Dauni in dirittura d’arrivo Antonio Montanino o Antonella Sammarco. Da quelle parti furoreggia Saverio Lamarucciola, in ballo per la giunta e sindaco di Pietra Montecirvino. Presidenza del consiglio, pace è siglata fra SantanielIo e Marinacci, ma non si tratta di rose e fiori. L’accordo dà il consigliere regionale in stand-by per sette mesi, dopo il presidente lascerebbe l’incarico per correre come sindaco, o per qualche altro incarico al Comune di Foggia. La firma della pace è il visto di Marinacci che il 29 maggio potrebbe riservare sorprese, decidere all’ultimo momento che "concede" a Santaniello l’incarico di presidente, vidimazione necessaria anche per una più unanime votazione in consiglio. Corsi e ricorsi storici. Luca Cangelli è stato, per anni, l’uomo vicino a Paolo Agostinacchio, testa di ponte verso Forza Italia cui Paolo preferiva parlare per mediazioni, non sempre riuscite. C angelli ha un figlio che si chiama Sergio, marito di Silvia Pellegrini, esponente di Forza Italia, una delle prime a dichiarare amore incondizionato a Silvio, il cavaliere. E Sergio potrebbe rientrare in questo gioco delle parti con la mediazione di Assunta Pinto, l’assessora che fece il "gran rifiuto". Al fianco di Costanzo Natale durante le penultime elezioni comunali, smistata dall’ex onnipotente Sabino Colangelo nella giunta blindata DS-socialisti, ora s’impegna per la promozione di Cangelli. Mai doma Maria Rosaria Lo Muzio ha una chance per ritornare nei luoghi alti della politica. Agostinacchio dice un gran bene di lei, "ottima amicizia", come quella con Giuseppe Mainiero, in corsa da anni per fare il consigliere comunale, amico di tante campagne elettorali, braccio armato di An giovani durante le guerre congressuali. Commercialista, colonna di Azione universitaria, ora rientrerebbe nel giro. Altro nome che ha fatto la storia dell’associazionismo a Foggia è quello di Filippo Fedele, anche lui in odore di unzione a Palazzo Dogana. Acerrimo nemico di Ciliberti, fieramente schierato dall’altra parte, lo si è visto in pole position nei giorni in cui Pepe apriva le finestre del Palazzo e si rimirava le belle e adorne sale in cui ‘e passatala storia della nostra provincia. Che continua con un presidente, tre fedeli e l’ascia dei partiti sulla scrivania del palazzo.
Paola Lucino
L’Attacco