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ABOLIAMO LA BOXE !

Il pugilato non solo può uccidere, ma distrugge il cervello di chi lo pratica
Ricordate la notizia della morte del pugile pugliese Salvatore Laserra, mai più risvegliatosi dal coma profondo in cui cadde dopo un incontro?
Sono passati più di vent’anni. Seguì una proposta di legge per l’immediata e totale abolizione del pugilato, ma il giro d’affari miliardario che si muove intorno ad esso, probabilmente, ha avuto la meglio. Sulla vita e l’integrità psico-fisica di chi pratica quello “sport”, ammesso che sia lecito definirlo uno sport.
Già nell’ottobre del 1983 (beninteso, tre mesi prima del decesso di Salvatore Laserra), l’Assemblea Medica Mondiale, riunitasi a Venezia presso la “Fondazione Giorgio Cini”, aveva raccomandato che la boxe fosse interdetta.
“La boxe è l’unico sport nel quale la regola è quella di abbattere l’avversario”, aveva dichiarato il capo della delegazione italiana, Bruno Baruchello, nel corso dei lavori assembleari. “I pugni, anche quelli che possono sembrare più innocui, a lungo andare provocano conseguenze croniche”, chiosò Baruchello.
A queste affermazioni era seguita la netta condanna pronunciata dall’Assemblea Medica Mondiale a lavori ultimati: “La boxe può provocare la morte ed avere una pericolosa incidenza sulle lesioni cerebrali croniche”
Dal 1928, quando l’espressione “ubriaco di pugni” fu eliminata dal gergo pugilistico ed analizzata da Harrison Martland, un patologo del New Jersey, sono stati identificati numerosi e distinti sintomi clinici e patologici.
Fattore decisivo per il manifestarsi della sindrome da “sbornia di pugni”, più propriamente detta “encefalopatia cronica”, sembra essere il periodo di tempo trascorso sul ring a prendere colpi alla testa. Altri fattori sono, secondo la scienza medica, il numero di K.o. subiti da un pugile.
L’“ubriachezza da pugni” si manifesta, di solito, qualche anno dopo che l’atleta ha iniziato a boxare e, in qualche caso, addirittura dopo la conclusione della sua carriera.
Il neurologo inglese A.H. Roberts, anni fa, ha riscontrato danni cerebrali in oltre il 16% dei 224 pugili professionisti esaminati, che avevano combattuto per almeno tre anni.
La boxe fa male al cervello, e tutti lo sanno.
Come può ancora tollerarsi che essa sia praticata in uno Stato civile qual è l’Italia?
E come si concilia con l’art. 32 della nostra Costituzione, il quale prevede che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”?
Sarebbe un bel gesto di civiltà democratica se, anche in omaggio alla memoria del compianto Salvatore Laserra, i parlamentari recentemente eletti in Puglia si facessero promotori di una nuova proposta di legge per l’immediata e totale abolizione della boxe, la quale, più che una competizione sportiva, sembra essere una manifestazione “da giungla” !
Ci si augura che l’appello non cada nel vuoto.  

Alfonso Masselli