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Turismo e strutture – Alberghi, il caos delle stelle

Le danno le Regioni, con criteri diversi. Nessuno va più a controllare i servizi.
E’un problema di taglie. Come per i vestiti. Ma si tratta di hotel. Provate a immagina­re come fareste a scegliere la taglia di un capo di abbigliamento se ogni distretto regionale italiano adottasse criteri diversi. Eppure per gli ho­tel funziona proprio così: ogni regione ha il potere di legiferare autonomamente in tema alberghiero. Così succede che per una struttura y stelle in Sici­lia servono almeno 14 metri quadrati per una stan­za a due letti, mentre ne servono almeno 18 in Ve­neto e addirittura 25 nelle Marche. E poi ancora, in Puglia il personale di ricevimen­to deve parlare correttamente almeno due lingue e invece in Toscana ne servono quattro. In tutta Italia le camere devono essere rifatte almeno una volta al giorno, a Bolzano non meno di due volte. E così via di questo passo. Insomma, se prenotate un albergo basandovi sul numero delle stelle ricordatevi che si tratta di hotel con parametri, a volte, molto diversi pur ap­partenendo alla stessa categoria. «Non si tratta di un problema da poco – spiega Alessandro Cianel­la, direttore generale di Federalberghi -. La legge quadro del 1983 che ha affidato alle Regioni l’auto­nomia in tema di accoglienza ha creato un mo­stro. I criteri in base ai quali la gente prenota un hotel sono il prezzo e il numero di stelle. Non ga­rantire stessi parametri e stessi trattamenti equiva­le a disorientare, se non ingannare, il cliente. E il paradosso è che spesso gli albergatori, altre vitti­me di questo sistema, vengono considerati loro gli ingannatori agli occhi degli utenti». Come se non bastasse, la confusione non riguar­da solo i parametri richiesti da ciascuna Regione per assegnare le stelle, ma anche la qualità dei ser­vizi garantiti. Se infatti una struttura y stelle è sta­ta inaugurata negli Anni 60, da allora a oggi non sarà mai arrivato un ispettore o un organismo di controllo a verificare se davvero quell’albergo fornisce ancora servizi (ristorazione, assistenza, Inter­net, manutenzione delle camere) degni della sua alta classificazione. <<In questo caso la risposta più frequente è: deci­da il mercato – osserva Claudio Ceccherelli, gene­ral manager del Park Hyatt di Milano -. E in effet­ti il mercato decide. Ma questo vale soprattutto per le grandi realtà internazionali come la nostra che hanno un marchio noto e riconosciuto in tut­to il mondo che garantisce uno standard qualitati­vo di alto livello. Diverso è il discorso per struttu­re più piccole o più vecchie. In quei casi l’alto livel­lo qualitativo non è certo garantito dal numero di stelle ma dallo scrupolo e dalla professionalità di chi li gestisce. E se non sarà all’altezza delle aspet­tative, l’utente lo comprenderà sulla sua pelle, quando ormai sarà troppo tardi». Eppure, mentre gli hotel tradizionali non hanno un ente di certificazione o un controllo che garan­tisca gli standard qualitativi, c’è anche chi, in Ita­lia, vanta addirittura 7 stelle. E’ il controverso caso del Town House di Milano creato dalla mente vulcanica di Alessandro Rosso: sette le stelle dichiarate ma cinque quelle ufficiali riconosciute per legge. Sì, perché la normativa italiana fissa nel cinque stelle lusso il livello massi­mo riconosciuto per le strutture alber­ghiere. Eppure a Milano il Town Hou­se, rigorosamente senza tabella, dichia­ra 7 stelle. La spiegazione la forniscono a Gine­vra. Lì ha sede la Sgs, una società di certificazione che ha attribuito le sette stelle alla struttura milanese: «La certificazione di servizio 7 stelle Sgs non so­stituisce assolutamente quelle che so­no le classificazioni ufficiali, attribuite in Italia dalle Regioni. Ma ha l’obiettivo di dimostrare in modo oggettivo il livello di servizio extra lusso erogato», dice Duilio Giacomelli, chief operating officer per il Sud-est europeo e mana­ging director di Sgs per l’Italia. «Comunque va ricordato – continua Giacomelli – che re­quisito fondamentale per le strutture che vogliano acce­dere alla certificazione 7 Stel­le Sgs in Italia è che la classifi­cazione ufficiale dell’hotel sia 5 stelle. Quella che noi chiamiamo specifica tecnica", prima della sua ufficializzazio­ne e utilizzo, subisce un processo di analisi da par­te di un comitato tecnico composto dalle diverse parti interessate e esterno all’organismo di certifi­cazione Sgs. Al momento è certificata la specifica tecnica 7 stelle Sgs per i city hotels, mentre è in fase di realizzazione quella per i leisure hotels». Eppure alla Federalberghi non sono del tutto convinti della validità di questa operazione. «Si tratta di casi di marketing commerciale che rendo­no sempre più incomprensibile il nostro mercato – afferma Cianella – e la situazione è ancor più paradossale se si pensa che a livello europeo si sta lavorando su criteri minimi per uniformare le strutture di tutti i Paesi membri». E i controlli ai servizi e agli standard strutturali? «Quelli restano un miraggio. Del resto i funzionari provinciali devono assegnare le categorie basan­dosi su valori non opinabili». E allora ecco che nascono iniziative come quella di Trip advisor, la community di viaggio più gran­de del mondo, che, basandosi sui voti espressi da milioni di turisti di tutto il mondo, ha stilato la classifica delle 100 destinazioni da non perdere va­lutate anche in base agli hotel che ospitano i turi­sti. Ai primissimi posti della classifica Top 100 world destinations non c’è traccia di strutture ita­liane. Ad aggiudicarsi il premio sono due paradisi della Nuova Zelanda: Milford Sound, fiordo dalla proverbiale bellezza panoramica, già ribattezzato da Mark Ttwain «ottava meraviglia del mondo» (primo posto) e la cittadina di Queenstown (se­condo posto), adagiata sulle sponde del lago Wakatipu e nota come patria del bungee jumping. E l’Italia? Ci si può consolare con un dato: con ben otto destinazioni è il Paese europeo più ap­prezzato a livello mondiale. Il Belpaese conquista infatti un tredicesimo posto grazie agli scorci moz­zafiato della costiera di Amalfi, seguita al quindice­simo posto da Siena A1 ventinovesimo posto, San Gimignano incalzata a breve distanza da Firenze (33mo posto), seguita poi a ruota da Pompei, al 36mo posto. Venezia invece è solo al 5omo posto, ma si piaz­za comunque meglio di Parigi (57) e di Londra (84). A Roma tocca solo la posizione numero 87, scavalcata da Assisi e Positano.
Insomma, a conti fatti, non sempre le stelle aiu­tano a orientarsi.
Isidoro Trovato