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Segreteria Provinciale PD/ Paolo Campo l’ingombrante con la Regione nel cuore

Campo, che congresso è stato quello provinciale?

E stato il congresso che poteva essere. Gli spazi di confronto, dopo i congressi nazionale e regionale, sono stati ridotti, perché gran parte del confronto si era esaurito e consumato. Era normale attendersi una certa stanchezza. C’è stato piuttosto il tentativo di rinviare a dopo le elezioni. A questo io mi sono opposto. Qualche altra provincia, Bari e Taranto, ha preferito rinviare. E stata una loro esigenza, che noi non abbiamo sentito. Sarebbe stato dannoso rinviare.

Perché?
Non aveva fondamento, qualcuno ha accampato l’idea che avremmo dovuto attenerci al periodo di campagna elettorale. Sapevamo che non era così, e infatti, così non è. Siamo ancora alle prese con l’individuazione del candidato. Quella congressuale è stata l’occasione per una panoramica per comprendere cosa bolle nella pancia del partito su Vendola. Rinviare il congresso nascondeva la volontà di traghettare questa fase politica verso qualcosa d’altro. C’era il rischio che fosse gestita dai capi corrente o dai multipli e sottomultipli delle correnti. E poi cè un’altra ragione fondamentale: questo era il momento di fare quello che non è stato fatto nel 2007, in cui abbiamo promosso un gruppo dirigente del tutto improvvisato

Aldo Ragni la accusa di aver evitato il confronto nei circoli. Vi siete incontrati soltanto ad Orsara. Come mai?

Ognuno adotta il profilo che ritiene più opportuno io ho preferito consentire al territorio una discussione libera senza l’ingombro di una mia presenza che poteva apparire vigile o interessata. Ho
presenziato ad un paio di congressi in cui i circoli avevano manifestato un’insoddisfazione rispetto
ad una mia assenza. Per me è stato un elemento esasperato. Sono stato ad Orsara e Peschici  dove sapevo che non avrei preso voti a testimoniare che ero interessato massimamente
a che siamo le situazioni locali a trovare le proprie soluzioni. Penso ad un partito che si responsabilizzi sul territorio. Non ho scelto di candidarmi perché c’era Aldo candidato. Ho offerto
una disponibilità alla mozione e ho detto sin dall’inizio che avrei considerato, sarei stato onorato a svolgere ancora questo ruolo a condizione che l’esito del congresso nazionale e regionale avessero avuto una direzione. Se l’esito fosse stato un altro, avrei fatto diversamente, non sarei uscito dal partito perché non sono uno che esce ed entra a seconda dei ruoli, ma credevo in una certa impostazione, che si riconosceva nella mozione Bersani. Non mi sono posto il tema di Aldo.

Sempre il suo competitor sostiene che lei non ha mai manifestato la sua opinione sulla candidatura del Governatore Vendola. Che pensa?

Mi sono pronunciato spesso. Alla fine la scommessa che ha fatto il centrosinistra e l’originalità che stava dietro la candidatura di Vendola era quella di mettere all’opera un registro politico diverso dal passato in cui ceti forti economici e di larga mediazione culturale, pezzi della borghesia agricola, sono riusciti a convivere. Il quid di Vendola, aldilà della personalità, è il dato politico. C’è stato il tentativo di mettere in moto pezzi di società, di territorio che avevano espresso nuovi protagonismi, attraverso un patto più largo, che comprendeva anche quei ceti che si erano affidati al centro- destra perché c’era voglia di osare, di modernizzare la Regione. Vendola è stato una felice sintesi. La ricetta resta quella e Nichi la interpreta bene, però questo non basta. Il politico ha il dovere, quando è un politico vero, di non innamorarsi o di cercare di non imporre le sue aspettative o le sue opinioni. Mi piacerebbe moltissimo che fosse lui a continuare questa esperienza, ma qui c’è il rischio che si vada Pd, con le sue insufficienze, e nemmeno Rifondazione, con Vendola. Vedo dei limiti nella conduzione di Emiliano: un segretario di partito questo problema doveva averlo più presente. Avrebbe potuto mettere in moto quell’alleanza. Oggi anche le preoccupazioni di Michele ci hanno fatto trascorrere troppo tempo. Al punto in cui siamo il terreno a cui dovremmo affidarci sono le primarie. Su questo penso che abbia ragione il Presidente.

Non ci sono degli impedimenti tecnici alle Primarie?

Tecnicamente si fanno, Che problema c’è? Perché il 20 e il 25 gennaio non potremmo fare le Primarie? Tra l’altro il Governo non ha ancora emanato il decreto con la data delle amministrative, con questo clima Berlusconi potrebbe pensare a elezioni anticipate. Diversamente il Pd rischia di non tenere psicologicamente il dubbio Vendola sì, Vendola no. Il tema è trasversale.

Qual è l’indicazione della federazione sulle Regionali? Sulle candidature sembra secca. E così?
La federazione non ancora c’è, l’ho sospesa. Ho la mia opinione, ossia che la direzione provinciale del partito discuta tendendo presente degli obiettivi. Uno, le aspettative e le indicazioni dei territori. Due, costruire la lista più forte possibile, in grado di intercettare più consensi e relazionarsi meglio. Tre, mettere tutti quanti gli aspiranti in sostanziale equità. Bisogna creare una griglia di requisiti, tenendo conto dei regolamenti regionali, che sono diretta emanazione dello Statuto. I
consiglieri uscenti vanno ricandidati. Dobbiamo essere in grado di stare con candidati che siano espressione delle grandi realtà dei territori. Uno per ogni grande città, al netto di Foggia, poi Foggia e gli ambiti territoriali con bacini importanti. Ne restano tre: uno sul Gargano, magari non di una cittadina a fianco a San Giovanni, uno del Subappennino e un altro espressione della provincia, ma non candiderei mai due persone di San Severo.

Ad oggi, al 18 dicembre, può confermare che non si candiderà?

Ma anche al 18 gennaio e febbraio. Mi costa molto, sono sincero, perché mi piacerebbe. Ma sarebbe ingeneroso sfruttare una condizione di vantaggio per mortificare le ambizioni di altri. Sarei un candidato di Manfredonia che si aggiunge ad uno uscente. Ho sempre pensato allo spazio del partito come ad una fraternità.

Il partito a San Severo, Lucera, Cerignola non è in buona salute. Non crede di avere qualche responsabilità in quanto segretario?
 

‘Avrei dovuto, forse, adoperarmi di più, ma francamente non lo so dire. Il ruolo l’ho assunto a maggio del 2008. Dopo quattro mesi, i miei collaboratori, Aldo Ragni e Peppino Marcucci, hanno manifestato un loro disagio. Mi rimprovero un eccesso di indulgenza. Ho avuto troppo scrupolo nel registrare pedissiquamente i risultati delle primarie del 2007 e ne è venuto un cocktail senz’anima. Avrei dovuto caratterizzare di più il partito con il mio timbro.

Antonella Soccio
L’Attacco