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Peschici/ Bomba al bar la pista del racket delle estorsioni

Il giorno dopo il disastroso incendio che la notte scorsa ha distrutto un bar e prodotto gravi danni all’intero stabile, compresa anche l’abitazione sovrastante il locale, non ci sono elementi tali da far risalire alla causa del grave episodio che, ancora una volta, ha segnato la vita di una comunità che fa ancora fatica ad uscire dall’incubo di precedenti episodi, non ultimo la terribile estate del 2007 le cui ferite sono ancora tutte aperte.

 Per il momento gli inquirenti escludono il fatto accidentale come pure che si sia trattato di un tentativo estorsivo, In sintesi, finora non sarebbero emerse tracce chiare e ben definite per una conferma di altre ipotesi che, a questo punto, si restringerebbe ad una sola: il dolo. Non ci sono neppure riscontri allo scoppio che sarebbe stato avvertito e che, inizialmente ha ricondotto il tutto ad una bomba verosimile, invece che la deflagrazione sia stata causata dal forte calore che ha mandato in frantumi la vetrata. I carabinieri confidano nel lavoro degli esperti ai quali, compete il difficile compito di sbrogliare una matassa che, comunque, non può non creare preoccupazione, anche per l’immagine negativa che viene proiettata all’esterno e che, per un paese che vive di turismo e per il turismo, diventa una carta per nulla spendibile. Il bar preso di mira, di proprietà, da meno di un anno, di un imprenditore commerciale del posto, Luigi Nardelli, 42enne, si trova nel cuore di Peschici, in corso Garibaldi, a pochi metri dal municipio, via, fino a un mese fa, controllata con un sistema di videosorveglianza che, però, un mese addietro sarebbe stato reso inutilizzabile perché letteralmente divelte le telecamere. Mai individuati i responsabii, ma pare che siano stati in pochi a rendersi conto dell’accaduto. Se il sistema fosse stato in funzione, certamente gli inquirenti avrebbero potuto ricavare elementi utilissimi alle indagini.

Francesco Mastropaolo