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I frati donano osso di S.Pio a Pietrelcina. Devoti: «Sacrilegio»

I frati di San Giovanni Rotondo lo avevano annunciato da tempo che alla data di ieri (anniversario della nascita di Padre Pio) una reliquia di San Pio sarebbe stata donata ai fedeli di Pietrelcina. Una decisione che a molti devoti non è piaciuta. A farsi portavoce di questo più o meno diffuso malcontento, l’avvocato Francesco Traversi, presidente dell’associazione Pro Padre Pio di Torino.

 

Non è la prima volta che l’avvocato torinese, ma di origini pugliesi, cerca di trascinare i frati di San Giovanni Rotondo in tribunale (lo aveva fatto in passato anche per la controversa ostensione dei resti del santo e per la successiva traslazione del corpo dalla vecchia alla nuova chiesa), ma ora è ancora più categorico e deciso: «La donazione annunciata dai Frati Minori, qualora detta parte del corpo (l’osso ioide) sia effettivamente riconducibile a Padre Pio, costituirebbe per la legge penale italiana il reato di vilipendio di cadavere, previsto e punito dal codice penale, nonché un atto sacrilego. Tale atto, peraltro, va contro a quanto desiderato in vita da Padre Pio, il quale ha sempre richiesto esplicitamente di essere seppellito sotto terra, in un tranquillo cantuccio di San Giovanni Rotondo. Si fa rilevare altresì, che non vi è alcuna prova che tale frammento sia realmente riconducibile a Padre Pio e, dunque, non vi è certezza alcuna che si possa parlare di una sua reliquia». Del resto, lo stesso avvocato Traversi e i membri della sua associazione dubitano che quelli custoditi nella cripta d’oro della nuova chiesa, progettata da Renzo Piano, siano i resti del santo, tanto che alcuni mesi fa, un pronipote di Padre Pio, Francesco Pio Masone, portò all’Istituto di Medicina legale torinese un reperto del suo illustre predecessore, con cui poter dimostrare, per così dire, la tracciabilità del dna. Ora Traversi ha deciso di spostare la sua battaglia sul periglioso terreno delle reliquie. E ricorda: «Il Vaticano, due giorni dopo la morte di Padre Pio, chiese al sindaco del comune di San Giovanni Rotondo, il dottor Giuseppe Sala, che era anche il medico personale di Padre Pio, di effettuare un’au – topsia sul corpo del santo, ricevendone un rifiuto». Ma le stranezze non finiscono qui. Il 17 novembre 1968, arrivarono a S. Giovanni Rotondo il dottor Antonio Alecce, noto imprenditore farmaceutico di Roma, e un famoso istopatologo, il professor Giovanni Lelli, con una missione: procedere alla esumazione e imbalsamazione del corpo di Padre Pio, sotto l’autorizzazione di Paolo VI. Inutile dire che, dopo che la notizia aveva preso a circolare, si era formato un silente partito che si opponeva alla imbalsamazione: si temeva, ancora una volta, che parti del corpo di Padre Pio potessero servire ad alimentare l’indegno mercato delle reliquie. Fatto sta che l’esumazione e l’imbalsama – zione non poterono essere eseguite.

LELLO VECCHIARINO