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Calcio fallimenti/ Una città su quattro resterà senza pallone

Bilanci irregolari e stadi non a norma: 35 club esclusi dai campionati. Ripescaggi in vista, ma sono il rimedio?

 

L’anno zero del calcio professionistico italiano. Sono ben 35 le squadre escluse al momento dai campionati di Serie B e Lega Pro (Prima e Seconda divisione): il 26% dei 132 club professionistici.
Bilanci in rosso, fìdejussioni mancanti, stadi non a norma: queste i motivi delle esclusioni decise dalla Covisoc, la Consob del calcio che certifica i conti delle società. Rischiano di liberarsi così due posti nella prossima serie cadetta, 13 nell’ex Cl e addirittura 20 nella vecchia C2. Oggi scadono i tempi per il ricorso alla Figc, prima tappa di una battaglia le cui tappe successive sono rappresentate dall’Alta Corte del Coni, dal Tar e, infine, dal Consiglio dì Stato. Di sicuro non c’è più nulla da fare per gli otto club (Gallipoli, Mantova, Perugia e Rimini di Prima divisione; Itala San Marco, Scafatese, Monopoli, Pescina di Seconda) che hanno rinunciato all’iscrizione. Non sorprende la sorte del Gallipoli, cenerentola dell’ultima serie cadetta ma al verde da diversi mesi. Più pesanti invece gli addii del Rimini e del Mantova dell’istrionico presidente Lori stritolate dai debiti dopo anni vissuti al di sopra delle loro possibilità.
Potrebbero non essere alla partenza della prossima Serie B nemmeno l’Ancona e l’Ascoli. I biancorossi rischiano il secondo fallimento in sei anni, mentre le prospettive per gli ascolani sono positive, anche se il tempo stringe. E corsa contro l’orologio anche per nove club di Prima divisione: la Campania potrebbe perdere tre squadre in un colpo solo (Cavese, Marcianise e Salernitana) e pure il Figline di Enrico Chiesa potrebbe chiudere mestamente la sua favola. Cattive notizie per il Viareggio (problemi con lo stadio Bresciani), mentre si dicono tranquille Arezzo, Foggia, Spal e Triestina. Otto a otto la situazione in Seconda divisione: pochi dettagli da chiarire per Pro Vasto, Pro Vercelli, Sangiovannese, Fondi, Gavorrano, Chieti, Paganese, Prato; a forte rischio Alghero, Cassino, Legnano, Manfredonia, Villacidrese, Olbia, Potenza, Sangiustese. Le prime decisioni saranno prese dal consiglio federale di venerdì prossimo (16 luglio), poi si potrà iniziare a pensare ai ripescaggi (entro il 23 le candidature, il 30 la compilazione delle griglie di merito). Non cadranno 35 teste, male sicure escluse sembrano almeno una dozzina oltre alle otto rinunciatarie: e sarà quasi impossibile trovare venti società con le carte in regola per il ripescaggio. La prossima stagione sembra così destinata a prendere il via con un numero “variabile” di squadre nei gironi di Lega Pro, che da 18 squadre potrebbe scendere a l6 o forse meno. Sarebbe l’occasione giusta per dare una forbiciata. Sono troppi 132 club professionistici, un caso unico in Europa il dato più vicino è quello inglese, con 92.
Per cambiare il format dei campionati è necessaria però una riforma dello statuto federale.<Abbiamo difeso il sistema dei ripescaggi», ha detto l’avvocato Umberto Calcagno dell’Assocalciatori, «ma chiediamo più garanzie alle società che chiedono il ripescaggio». Non si può, però, continuare così. «Siamo in un periodo di crisi per le imprese e anche il calcio ne risente», sottolinea ancora Calcagno, «ma il problema è la scarsità di risorse. Anche se in Lega Pro ci fossero solo 60 club, i soldi non basterebbero comunque. Se il calcio minore ha la missione di allevare i talenti, deve pure avere il denaro necessario per farlo».