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Vieste – EDITH E CLAUDE

 

Chi non si ricorda di quei due distinti signori francesi che decisero di venire a vivere la loro pensione a Vieste? Lui Claude, francese, lei Edith, svizzera del cantone francese, scelsero Vieste  per il suo clima, il suo paesaggio ed il calore della gente, che subito mostrò loro amicizia e simpatia.

Sicuramente, se ci pensiamo un po’, ce li ricorderemo a passeggio per corso Fazzini, o davanti all’edicola di Carlo De Maria in attesa della stampa estera, o durante le giornate uggiose lungo la spiaggia del Castello, con impermeabile bianco e cappellini antipioggia, sfidare le avversità atmosferiche per respirare l’aria del mare.
Tutti erano stati attratti dal loro elegante portamento, dall’affabilità e gentilezza dei loro modi e, dalla simpatia di quel loro parlare italiano con accento francese.

Della loro storia poco o niente si sapeva. Amavano molto gli animali, al punto che la loro casa della Coppitella era diventata quasi un’arca di Noè, dove alcuni approfittando della loro generosità e sensibilità andavano a lasciare cani trovatelli o cuccioli. Ricordo che furono i protagonisti principali dell’»operazione Moise». Un giorno mentre vagavano per la campagna, in località Macchia sopra la Resega, furono attratti da un guaito proveniente da una casa colonica abbandonata. Entrarono ma non videro nulla. Il guaito, però, continuò ancor più insistente. Alla fine individuarono che i lamenti provenivano da una cisterna, al centro della casa. Si affacciarono e intravidero un cane, o meglio un cagnolino scheletrito di colore nero. Mi avvisarono per vedere cosa fare e così organizzammo subito le operazioni di salvataggio. Chiamammo Antonio Cirillo e poi ci recammo in campagna da mio zio Giannicola, altro protettore di animali abbandonati. Ci fornì una lunga scala per la raccolta delle olive e funi sufficienti. Tutti insieme partimmo, poi, alla volta della Macchia. I guaiti c’erano ancora: il cane era vivo. Calammo la scala, imbracammo Antonio con le funi, che al chiarore delle torce si calò nel pozzo. Prese il cane e lo portò su. Non dimenticherò mai la nostra e la sua gioia, che dimostrò scodinzolandoci intorno per lungo tempo. Mio zio aveva pensato anche al cibo e così dopo aver rifocillato la bestiola, ci mettemmo a pensare al nome. Alla fine scegliemmo Moise (Mosè alla francese), perché dicemmo: Mosè salvò gli ebrei dalle acque del Mar Rosso e noi abbiamo salvato questa povera creatura dal pozzo. Il cane fu adottato da Antonio con il quale visse per lunghi anni, però dato che Moise gli sembrava più un nome da femmina, lui lo chiamava Mosè.
Edith, impiegata all’Ambasciata Svizzera in Italia, curò la versione francese della Guida alla Necropoli de La Salata. Claude, invece, in una sera di inverno mi raccontò la sua storia, che ha dell’incredibile. Mi disse che lui poteva considerarsi un miracolato. Infatti del suo battaglione in Viet Nam morirono tutti. Lui solo si salvò perché riuscì a salire di corsa sull’ultimo camion in ritirata, mentre vagava nella giungla indocinese. Partirono per la Francia dopo una crisi cardiaca di Claude, con l’intento di ritornare a Vieste.
Ma questa primavera il cuore di Claude si è fermato. Adieu Claude, gli amici di Vieste ti ricorderanno nelle loro preghiere. Ti aspettiamo Edith.