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I Trabucchi del Gargano cadono a pezzi…

La crisi dei giganti di legno, alcuni non toccano più l’acqua Istituzioni indifferenti.

 

Ogni stregone ha un apprendista, buono o maldestro che sia. Ogni trabucchista, ogni depositario di antichi valori, dovrebbe averne uno. E, i Trabucchi di Peschici, non godono di una buona generazione di apprendisti. Ora i trabucchi ci sono, l’associazione giunta al capolinea ormai un anno fa, ne ha ristutturato qualcuno prolungando di qualche anno, forse decennio, l’esistenza, almeno apparente, di alcuni di questi. Ma quando i vecchi pescatori non ci saranno più chi si occuperà di loro? Chi- come un padre affettuoso- si prenderà la briga di tenere in piedi dei mostri di legno e fil di ferro? Chi avrà la premura di ripararli dopo ogni mareggiata? Chi avrà la passione per continuare a calare la reti e passare le assolate giornate di agosto in attesa del branco di cefali? Peschici, oggi, ha cinque trabucchi: Montepucci, San Nicola, Manaccora, Gusmay e Bescile. Cinque famiglie ne tengono le redini. Tre sono vecchi timonieri, tre testimonianze storiche. Solo negli occhi dei tre si riesce a leggere la dedizione e la cura di questi per i velieri senza vele. Mimì alias “Battistone”, Elia Ranieri alias “U’marnais” e Giuseppe Marino alias “Chianchian”. Tutti arzilli giovanotti di oltre i sessanta, tutti con un occhio alla rete e l’altro alle previsioni del tempo. Finché ci saranno loro ci saranno i trabucchi di Peschici. Dopo, probabilmente saranno solo mere figure vuote, solo scheletri dileguo, grovigli di fili, e ricordi malinconici. O forse continueranno ad esserci. Forse qualche ente di accorgerà del declino di uno dei simboli del Gargano e deciderà di adottarli. Forse i comuni e il parco ( ma che stanno a fare lassù in montagna?!?!) si prenderanno la briga e un domani vedremo sindaco e presidente con tanto di banda al seguito tagliare il nastro di una delle passerelle o girare gli argani per mettere giù la prima rete. O forse i trabucchi saranno come quello che D’Anelli ha ricostruito a Rodi: una riproduzione miniaturizzata, statica, senza un anima, una sorta di monumento, un inno, a qualcosa che non c’è più. Ma quello di Rodi può essere giustificato. Oggi come oggi li su quei quattro massi- dove Carlo Battistone, il padre di Mimì nei primi anni venti del secolo costruì il trabucco per precedere il pescoso Montepucci- un vero trabucco non potrebbe esistere. Poiché, dopo lo scavo della ferrovia, i fondali si abbassarono troppo e, quindi, la pesca fu impraticabile, tanto che costrinse Battistone a smontarlo e portarselo a casa. La rete di metà dei trabucchi citati, già ora, non tocca l’acqua da anni. Alcuni non le hanno nemmeno le reti e continuano a promuoversi come unici trabucchi funzionanti- niente di più falso e menzognero in nome di una falsa ideologia di turismo-. Con lo sciogliersi dell’associazione Onlus “i trabucchi del Gargano” —che stava lavorando abbastanza bene- sarebbero stati i comuni di Peschici e Vieste e il Parco Nazionale del Gargano a prendersi la responsabilità o meglio il fardello di custodire i giganti del promontorio. Lo stanno facendo? Hanno intrapreso un minimo di progettualità? Stanno discutendo, riunendosi e cercando soluzioni? No. Tutti si riempiono la bocca di cultura e di storia del territorio- sotto elezioni- e poi se ne dimenticano completamente. I bambini delle elementari, delle medie e delle superiori di Peschici non hanno una minima idea di cosa sia, di come funzioni e dell’importanza sociale del trabucco. Si preferisce portarli allo zoo di Fasano ma non da uno dei tre per ascoltare le storie e mangiare un po’ di pesce decente. E così, la tradizione si perde. Le radici di un territorio cominciano ad essere divelte come i vecchi pali corrosi dalla salsedine che cedono alle mareggiate di uno dei trabucchi, quello. di Calalunga, di cui restano solo pochi pali. La famiglia non è più sinonimo di prosecuzione delle antiche tradizioni, le nuove generazioni hanno altri interessi, perseguono altre vie e così i giovanotti sessantenni non possono far’altro che aiutarsi l’un l’altro nelle riparazioni e nei consigli. Quello del trabucchista non è solo uno dei tanti vecchi mestieri che si perdono negli anni, ma un distinto pezzo di Gargano. Una fetta importante di storia, cultura, tradizione. Con il crollo e la mancata ricostruzione di uno crollano anche i sogni, i ricordi e le grandi pescate dei tempi passati, ma anche fantastici scorci e il disincanto del turista rapito da cotanto ingegno figlio di uomini con appena la terza elementare — nel migliore dei casi-. Se Peschici, il Gargano, perdesse i suoi trabucchi, perderebbe un pezzo di se stessa. E con la grande crisi del settore degli ultimi anni perderebbe una grande attrattiva oltremodo peculiare di questo territorio, ma anche una delle sue identità più forti.

Domenico Ottaviano Jr.
l’Attacco