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Otranto/ Sabato 26 l’inaugurazione della mostra dedicata a RENATO GUTTUSO

L’evento espositivo dedicato all’opera di Renato Guttuso che si inaugurerà presso il Castello Aragonese di Otranto in data 26 novembre 2016 percorre un unico filo conduttore, determinato dalla mescolanza di passione e contraddizione. Una mescolanza che rimanda alle immagini dei colori sparsi sulla tradizionale tavolozza dell’artista, strumento indispensabile anche nell’arte geniale del grande Maestro!
Non si può scindere l’analisi della sua opera dalle vicende della sua vita e della sua ars amatoria – in senso lato – profondamente influenzate dalle contraddizioni sociali e personali di una esistenza vissuta sempre in balia di travolgenti emozioni: quelle medesime emozioni che riconducono imprescindibilmente alla contraddittorietà delle passioni.
Partiamo dalla passione per le donne e, quindi, dall’amore coniugale per la moglie Mimise. Le narrazioni contenute nei numerosi scritti sulla vita e sulla – ahimè – toccante vicenda giudiziaria del grande Maestro ci raccontano il suono dei passi di questa rassicurante donna che abitava il piano superiore del meraviglioso ed imponente Palazzo del Grillo in Roma. Il laboratorio, lo studio del Maestro posto al piano inferiore, invece, animati dal suono ritmico degli svettanti tacchi della seducente Marta Marzotto, la tenera Martina, la “nuvola d’oro” e, quindi, l’emblema dell’amore fisico e carnale. La solita ricorrente contrapposizione: l’amore familiare avverso l’amore profano, il rapporto coniugale contro il rapporto fedifrago, il porto sicuro dell’abitazione al piano superiore, i ritratti carichi di bon ton avverso i nudi, la passione erotica e le pose lascive nei piani inferiori, ove Mimise non accedeva e viceversa; quel piano superiore nobile ed austero contro quello inferiore nel quale vi
era giornalmente il crogiuolo di mille personalità svalvolate e profondamente inquiete.
E, poi, un po’ di Martina in Mimise – allorquando la stessa viene ritratta in posa simil oscena – ed un po’ di Mimise in Martina – allorquando quest’ultima viene dipinta di spalle, di fronte ad una finestra che dà sul mare; le lusinghe inquiete della carne contro la pura serenità del nucleo familiare.
Il Maestro non ha mai scelto. Oppure si è dato una scelta netta e impositiva tra due mondi surreali eppure profondamente familiari. Nonostante le cronache ci raccontino altro, non ha mai preferito Martina a Mimise e viceversa, in virtù di una completezza e di una soddisfazione che emergono palesi dalla sua produzione artistica inquieta, altalenante tra le due figure che costituiscono stimolo, ispirazione e forza con strumenti ed apporti emozionali diversi.
Ma la vita del Maestro è stata anche profondo impegno politico di un uomo di sinistra per valore ed ideologia. La militanza nel PCI che diviene responsabilità pubblica da senatore. Una politica che costituisce un altro alveo in cui sgorga la passione: il suo rosso, la sua falce, la sua edera. Il ritorno alle contraddizioni: il perbenismo comunista che si scontra con l’amore fedifrago che aveva già additato Nilde Iotti e Palmiro Togliatti, l’ideologia sociale e la dimora in uno stupefacente palazzo nobiliare la cui torre svetta su quei tetti di Roma dipinti dal grande Maestro.
E allora arriva prorompente l’amore per i luoghi: Bagheria, i tetti di Palermo contro i tetti di Roma, i colori del sud, le pale di fico d’India, l’edera, il mare, le foglie di girasole.
Guttuso è tutto questo. E’ tutto quello che ci si può aspettare dall’animo umano. Da un animo che è insieme nobile e popolare, che spazia dal grande dipinto sul Colosseo alla vistosa ed eccentrica Vucciria.
Ma anche una vita rocambolesca trova la sua fine, una fine degna di un romanzo giallo. Un giro di tarocchi colorati e accattivanti prima di una conversione annunciata da una Crocifissione bistrattata, con un Cristo dal volto coperto blasfemo e inaccettabile per la ferrea ed inamovibile dottrina della Chiesa a cui Guttuso probabilmente si avvicina, sfiancato dalla malattia e da una corte che assisterà alla sua fine, alla fine di una vita che, per noi posteri, non finirà mai! Alla fine di una vita che è anch’essa contraddittoria perché non vi assistono né l’amore tantomeno la passione: né Mimise tantomeno Martina…

Gianfranco Terzo

 

 

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