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INVITO MOSTRE D’ARTE CONTEMPORANEA A FOGGIA E OTRANTO fino al 10 gennaio 2017

L’evento espositivo dedicato all’opera di Renato Guttuso che si inaugurerà
presso il Castello Aragonese di Otranto in data 26 novembre 2016 percorre un
unico filo conduttore, determinato dalla mescolanza di passione e
contraddizione. Una mescolanza che rimanda alle immagini dei colori sparsi
sulla tradizionale tavolozza dell’artista, strumento indispensabile anche
nell’arte geniale del grande Maestro!

Non si può scindere l’analisi della sua opera dalle vicende della sua vita e
della sua ars amatoria – in senso lato – profondamente influenzate dalle
contraddizioni sociali e personali di una esistenza vissuta sempre in balia
di travolgenti emozioni: quelle medesime emozioni che riconducono
imprescindibilmente alla contraddittorietà delle passioni.

Partiamo dalla passione per le donne e, quindi, dall’amore coniugale per la
moglie Mimise. Le narrazioni contenute nei numerosi scritti sulla vita e
sulla – ahimè – toccante vicenda giudiziaria del grande Maestro ci
raccontano il suono dei passi di questa rassicurante donna che abitava il
piano superiore del meraviglioso ed imponente Palazzo del Grillo in Roma. Il
laboratorio, lo studio del Maestro posto al piano inferiore, invece, animati
dal suono ritmico degli svettanti tacchi della seducente Marta Marzotto, la
tenera Martina, la “nuvola d’oro” e, quindi, l’emblema dell’amore fisico e
carnale. La solita ricorrente contrapposizione: l’amore familiare avverso
l’amore profano, il rapporto coniugale contro il rapporto fedifrago, il
porto sicuro dell’abitazione al piano superiore, i ritratti carichi di bon
ton avverso i nudi, la passione erotica e le pose lascive nei piani
inferiori, ove Mimise non accedeva e viceversa; quel piano superiore nobile
ed austero contro quello inferiore nel quale vi era giornalmente il
crogiuolo di mille personalità svalvolate e profondamente inquiete.

E, poi, un po’ di Martina in Mimise – allorquando la stessa viene ritratta
in posa simil oscena – ed un po’ di Mimise in Martina – allorquando
quest’ultima viene dipinta di spalle, di fronte ad una finestra che dà sul
mare; le lusinghe inquiete della carne contro la pura serenità del nucleo
familiare.

Il Maestro non ha mai scelto. Oppure si è dato una scelta netta e impositiva
tra due mondi surreali eppure profondamente familiari. Nonostante le
cronache ci raccontino altro, non ha mai preferito Martina a Mimise e
viceversa, in virtù di una completezza e di una soddisfazione che emergono
palesi dalla sua produzione artistica inquieta, altalenante tra le due
figure che costituiscono stimolo, ispirazione e forza con strumenti ed
apporti emozionali diversi.

Ma la vita del Maestro è stata anche profondo impegno politico di un uomo di
sinistra per valore ed ideologia. La militanza nel PCI che diviene
responsabilità pubblica da senatore. Una politica che costituisce un altro
alveo in cui sgorga la passione: il suo rosso, la sua falce, la sua edera.
Il ritorno alle contraddizioni: il perbenismo comunista che si scontra con
l’amore fedifrago che aveva già additato Nilde Iotti e Palmiro Togliatti,
l’ideologia sociale e la dimora in uno stupefacente palazzo nobiliare la cui
torre svetta su quei tetti di Roma dipinti dal grande Maestro.

E allora arriva prorompente l’amore per i luoghi: Bagheria, i tetti di
Palermo contro i tetti di Roma, i colori del sud, le pale di fico d’India,
l’edera, il mare, le foglie di girasole.

Guttuso è tutto questo. E’ tutto quello che ci si può aspettare dall’animo
umano. Da un animo che è insieme nobile e popolare, che spazia dal grande
dipinto sul Colosseo alla vistosa ed eccentrica Vucciria.

Ma anche una vita rocambolesca trova la sua fine, una fine degna di un
romanzo giallo. Un giro di tarocchi colorati e accattivanti prima di una
conversione annunciata da una Crocifissione bistrattata, con un Cristo dal
volto coperto blasfemo e inaccettabile per la ferrea ed inamovibile dottrina
della Chiesa a cui Guttuso probabilmente si avvicina, sfiancato dalla
malattia e da una corte che assisterà alla sua fine, alla fine di una vita
che, per noi posteri, non finirà mai! Alla fine di una vita che è anch’essa
contraddittoria perché non vi assistono né l’amore tantomeno la passione: né
Mimise tantomeno Martina.

Gianfranco Terzo
Giuseppe Benvenuto

 

 

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