Un incidente di percorso nel trasferire il feretro da un nascondiglio all’altro l’intuito di tre poliziotti mettono la parola “fine” al trafugamento del corpo di Antonio Piccininno, l’ultimo patriarca dei «Cantori di Carpino», il gruppo leader della musica popolare garganica, deduto a 100 anni il9 dicembre “corso. La bara – trafugata dalla cappella di famiglia nel cimitero di Carpino nella notte tra il 18 e 19 dicembre, fatto su cui ora aleggia l’ombra della mafia garganica – è stata ritrovata all’1.25 di sabato notte lungo la Provinciale 53, la litoranea che collega Vieste a Mattinata, a poca distanza dalla Baia di San Felice, da un equipaggio della Polstrada di Vieste durante un pattugliamento notturno per la prevenzione e la repressione dei reati. I poliziotti hanno notato sul ciglio della strada un furgone che stava effettuando strane manovre con le frecce accese. I poliziotti si sono avvicinati
ipotizzando un veicolo in panne, ma giunti nei pressi del mezzo, il veicolo si allontanava a tutto gas in direzione Mattinata. È stato in quel momento che gli agenti hanno notato qualcosa occultato tra la vegetazione lungo il ciglio della strada. Si sono avvicinati all’oggetto facendola macabra scoperta: si trattava di una bara funebre in legno, di colore marrone ancora integra seppur scheggiata in più punti. La bara si presentava comunque integra con perni e borchie ma senza più l’etichetta con il nome del defunto come da prassi. Sicuramente era stata occultata dagli occupanti dell’autocarro, che la stavano spostando in un altro nascondiglio. Forse hanno sbandato in curva con successiva uscita fuoristrada e apertura del portellone posteriore da cui è uscito il feretro carambolato sul manto stradale. Tesi confortata dai graffi sul legno del sarcofago quasi certamente provocato dall’attrito con l’ asfalto o pietre presenti a margine della carreggiata. C’è da pensare che i malviventi – due o forse tre – abbiano tentato di recuperare la salma ma che abbiano poi desistito per l’arrivo della polizia. Prima di scappare, un inutile tentativo di occultarla nella vegetazione forse ipotizzando un successivo e più tranquillo recupero. Gli agenti hanno anche perlustrato una vasta zona nel perimetro del ritrovamento non trovando tuttavia indizi o particolari riscontri utili alle indagini così come risultate spente le telecamere di una struttura ubicata a poca distanza. Su decisione del sostituto di turno presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Foggia, Maria Giuseppina Gravina, il corpo e la bara di Antonio Piccininno sono stati recuperati e trasferiti all’obitorio del cimitero di Vieste, dove, sempre su disposizione del magistrato, è stata: effettuata una prima ricognizione cadaverica. La bara è stata aperta e controllata: dentro c’era la salma di del maestro cantore con ancora le «castagnole» (antico strumento della tradizione musicale garganica) tra le mani e la coppola in testa. Sul posto anche gli operatori della polizia scientifica di Manfredonia che hanno verificato l’eventuale presenza di impronti digitali sulla bara. A riconoscere la salma dell’anziano musicista è stato il figlio Michele. Espletate le formalità di rito, il corpo è stato riconsegnato ai familiari che lo hanno riportato a Carpino. Tanti comunque gli interrogativi. A cominciare da un dato certo: la salma era nascosta in zona e ì suoi custodi la stavano trasferendo in un altro rifugio forse più sicuro o nell’ottica di uno spostamento già programmato. Quindi c’è da pensare che sia stata la malavita viestana a organizzare il furto della bara (per una successiva richiesta estorsiva?) o che quantomeno si sia preso il compito di nasconderla. Un rilievo di non poco conto che apre un nuovo scenario nelle attività della «mafia» del centro turistico, una delle più attive in provincia. E poi non è da escludere che la salma fosse nascosta in zona, magari in una delle tante strutture turistiche della costa, chiuse d’inverno e nascondiglio ideale. Non solo per una bara.
Antonio D’Amico
gazzetta mezzogiorno
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