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Il 24 luglio 2007 di Ondaradio

“Ninì, qui c’è l’apocalisse!!!”

La sigla del giornale radio di mezzogiorno l’avevamo appena tolta ed eravamo pronti ad uscire dalla redazione quando la telefonata di Fabrizio Losito faceva cambiare i piani della nostra giornata, segnando per sempre i ricordi legati al 24 luglio. Era in prima linea, Fabrizio, a pochi metri dal fuoco arrivato ormai all’ingresso della sua Peschici, spinto dalla forza del vento forte e caldo che lo stava alimentando. Il suo tono di voce raccontava la concitazione di quei momenti, la paura e contemporaneamente l’impotenza davanti a tanta forza. Ogni espressione da lui usata era pesante quanto un macigno, infuocato per giunta: apocalisse, finimondo, putiferio! Quanto di meglio per trasmettere in quei pochi secondi al telefono la gravità di ciò che stava accadendo, e di farcelo vivere.

“Edizione straordinaria, subito!” 

Nel computer tutti avevamo notato il file “Sigla GR edizione straordinaria” ma nessuno l’aveva mai aperto (e a 10 anni di distanza continuiamo ancora a chiederci cosa avesse di diverso da “Sigla GR”…). Era appena partita la prima edizione straordinaria del giornale radio di Ondaradio, e toccava al direttore condurla. “Abbiamo in linea Fabrizio Losito da Peschici. Fabrizio, cosa sta succedendo?”. Secco, senza anticipare niente, senza togliere nemmeno un attimo al racconto della tragica realtà che lui stava vivendo, e che noi stavamo per vivere con lui, tramite lui. E altrettanto secca giungeva la risposta: “Sta succedendo il finimondo, l’apocalisse”. Tornavano quei macigni infuocati, questa volta non solo in una chiamata privata ma in diretta radio. E ancora: “Scoppi di bombole di gas posizionate nei magazzini dei fratelli Mongelluzzi che sono state toccate dalle fiamme impetuose e che hanno invaso tutto il territorio circostante la cittadina di Peschici”. Non serviva altro. Il prosieguo del racconto aggiungeva sbigottimento e rabbia in noi, noi che eravamo al fresco di ben due condizionatori, ignari che fuori il vento da sud stava facendo salire i termometri oltre i 40 gradi. E quel vento incandescente non stava dando tregua nemmeno a Vieste, costringendo all’evacuazione alcune strutture turistiche sul lato sud, minacciate da fiamme appiccate da delinquenti senza scrupoli.

“Sandro, tocca a te”

Aveva aperto l’edizione straordinaria Ninì, ma sentiva di dover lasciare il microfono a chi ha più parlantina di lui, ma soprattutto aveva capito che doveva prendere l’altro telefono e attivare tutta la squadra di collaboratori da dislocare sul territorio. Tra i primi ad intervenire in diretta, Saverio Serlenga si preoccupava di dare preziosissime indicazioni agli sfollati su quali strade poter percorrere per mettersi in salvo. E intanto Fabrizio proseguiva con il suo drammatico racconto: “Evacuato il villaggio Julia”, “C’è una emergenza incredibile al San Nicola” fino ad arrivare a “Brucia anche il cimitero di Peschici. Neanche i morti troveranno pace”.

“Dove sono i soccorsi?”

Se lo chiedevano tutti, cittadini e rappresentanti delle istituzioni, tutti col naso all’insù in attesa di veder arrivare aerei ed elicotteri. Inutilmente. Si perché erano tutti a terra, fermi all’indomani dal decesso del pilota di un Canadair caduto durante le operazioni di spegnimento di un incendio in Abruzzo. Ma l’opera eroica dei volontari era già incessante: era una lotta impari quella che contrapponeva un gruppo di uomini armati di qualche autobotte, contro le fiamme alimentate dal forte vento, ma nessuno osava sottrarsi; per qualcuno le ferite da ustioni sono rimasti segni indelebili sui propri corpi nonostante interventi chirurgici e anni di cure. Nella diretta veniva coinvolto l’allora presidente del Parco del Gargano Giandiego Gatta, nero dalla rabbia perché appena pochi giorni prima aver ricevuto spallucce dal Ministero alla sua richiesta di rafforzamento di uomini per presidiare il territorio.

“Stiamo aprendo i centri accoglienza”

Se dal cielo non arrivavano aiuti, a terra si moltiplicavano le iniziative per dare sollievo e riparo a chi da quelle fiamme era stato costretto a scappare abbandonando ogni bene personale, da un paio di sandali all’automobile. Molti, sorpresi in spiaggia dall’incendio, erano stati costretti a rifugiarsi in mare e a farsi trasportare a Vieste dalle tante imbarcazioni che si erano messe a disposizione: tra queste, quelle che fanno il giro nelle grotte ma anche il catamarano appena rientrato da Tremiti e tornato a Peschici per trarre in salvo i fuggitivi. Il sindaco viestano Ersilia Nobile interveniva in trasmissione per chiedere la collaborazione dei suoi concittadini: “Stiamo aprendo le scuole per allestire i centri accoglienza; chiunque voglia dare il proprio contributo sarà il benvenuto”. E i viestani hanno dimostrato di avere un cuore enorme: coinvolti per la prima volta in una emergenza, hanno lasciato le proprie abitazioni per diventare abili soccorritori, impeccabili nell’accogliere, coccolare, accudire, rifocillare, sfamare e soprattutto tranquillizzare centinaia di fuggitivi, molti giunti semplicemente scalzi e in costume da bagno. Venivano aperti ben sette centri di accoglienza, e tra questi uno esclusivamente per gli anziani e uno per i bambini giunti senza genitori, all’interno di un asilo nido.

“Abbiamo bisogno di…”

Avevano bisogno di tutto: di bere, di mangiare, di qualcosa da indossare e da mettere sotto ai piedi, ma anche di sapone e docciaschiuma, pannolini per neonati, giocattoli per bambini e tanto, tanto altro. Ogni centro di accoglienza si era dotato di un impianto sonoro per trasmettere la nostra diretta, irradiata anche da ogni bar del paese, in modo da far sentire i nostri appelli e i nostri suggerimenti a chi arrivava a Vieste. Francesca Toto, Checco Pennelli e Michele Mascia con i microfoni avevano dimestichezza e dai centri di accoglienza in cui si trovavano facevano collegamenti per elencare ciò di cui avevano bisogno, ma come loro facevano anche improvvisati corrispondenti, altrettanto bravi e convincenti, capaci di far giungere di tutto ai propri assistiti, e tutto in abbondanza. Si arrivava addirittura a vedere donne truccate dopo aver fatto la doccia o che chiedevano di poter abbinare la maglia al gonnellino.

“Ci sono mamme disperate che non riescono a trovare i propri figli”

L’aver trovato riparo non aveva, però, risolto tutti i problemi: nelle fasi concitate dei soccorsi le famiglie venivano inevitabilmente smembrate e dislocate in vari centri accoglienza, con molti figli lontani sistemati lontani dai propri genitori. E quando veniva ufficializzato il ritrovamento di alcuni cadaveri, la preoccupazione diventava terrore. Dai centri accoglienza i nostri corrispondenti scandivano i nomi di chi aveva necessità di ricongiungersi o di rintracciare i propri cari, elenchi ripetuti fino allo sfinimento da Sandro Siena ed Antonio Troia che si alternavano nella diretta, mai interrotta da canzoni (se non per esigenze tecniche), ma neanche da spot pubblicitari. Gli unici sorrisi, in una giornata così drammatica, giungevano solo quando ci veniva comunicato che avevamo ricongiunto mamma, papà e figli. Stanchi e digiuni, avremmo proseguito ad oltranza ma ci trovavamo costretti ad interrompere la nostra diretta per un black-out che aveva colpito l’intero quartiere. Senza rendercene conto, erano passate più di nove ore.

“Ne avremmo fatto volentieri a meno…”

La successiva visita nei centri accoglienza viestani ci faceva vedere ciò che avevamo raccontato per l’intera giornata: in ogni plesso scolastico c’erano decine di volontari, aule adibite a magazzini traboccanti di prodotti donati da privati, commercianti e ristoratori, e soprattutto centinaia di sfollati, finalmente salvi, finalmente ricongiunti, finalmente sereni. E quant’era bello vedere i propri abiti indossati da sconosciuti? La soddisfazione per aver aiutato quelle persone riempiva i cuori di chiunque aveva dato il proprio contributo, noi compresi, ritrovatici a svolgere il ruolo di coordinatore di una macchina organizzativa mai progettata ma perfettamente funzionante. Di quella nostra diretta-fiume ne hanno parlato il sito del Corriere della Sera (con tanto di link al nostro sito per diffondere la diretta streaming), quotidiani e periodici locali e nazionali, un paio di tesi di laurea e il libro “Terra bruciata” del giornalista foggiano Piero Russo che definì la nostra diretta “degna della CNN”, e detto da chi ha lavorato nella redazione della nota emittente televisiva Euronews fa decisamente piacere. Ma ne avremmo fatto volentieri a meno! Avremmo preferito rimanere nell’anonimato in cambio della salvezza di vite umane ed animali, boschi, villaggi, automobili e di tutti i beni personali spazzati via da quelle fiamme.

“Perché?”

Nella notte cambiava il vento, e al bollente garbino subentrava il fresco maestrale: le fiamme venivano spinte nella direzione da cui erano appena arrivate e non trovando più nulla da bruciare, erano costrette a soccombere nella sfida con gli uomini. O meglio, dopo aver dimostrato di essere più forte, la natura aveva deciso di rinunciare alla sfida. Molti sfollati erano stati trasferiti per trascorrere la notte in alcune strutture turistiche di cittadine garganiche non coinvolte dai roghi (San Giovanni Rotondo in primis) e tanti volontari erano riusciti a tornare nelle proprie case a godersi il meritato riposo dopo una giornata così faticosa, tanto fisicamente quanto emotivamente. Ora che la tranquillità era tornata ad abbracciare tutti, alle dieci noi di Ondaradio iniziavamo un lungo speciale di “Alta marea”, con Ninì in regia, Antonio in studio e il resto della truppa dislocata qua e là per raccogliere testimonianze e commenti su quanto accaduto poche ore prima. Ore di interventi, racconti, emozioni conclusesi senza riuscire a dare una risposta alla più semplice delle domande: “Perché?”. Nei giorni successivi, mentre si faceva il conto dei danni subiti, i media pian piano spegnevano i loro riflettori sul territorio garganico e gli amministratori pubblici rilasciavano dichiarazioni per ringraziare chi si era prodigato nel rendere meno amara quella tragedia. Qualcuno, abilmente, aveva deciso di ignorare quanto fatto dai “propri cugini” esaltando sulle televisioni nazionali esclusivamente l’operato (altrettanto lodevole e meritorio) dei “propri fratelli” e di chi aveva offerto il rifugio agli sfollati, ma dopo essere stati accolti ed accuditi da altri. Ma non fa niente, la solidarietà si fa in silenzio e la gloria la lasciamo a chi ne ha bisogno.

“C’è un nuovo incendio…”

A quel 24 luglio, faceva seguito un nuovo incendio quello nella notte del 30 agosto, quando ad andare in fumo fu la pineta che univa Baia di Campi con la torre di San Felice. La mano violenta di chi aveva già inferto una dura ferita al territorio garganico non era ancora soddisfatta, maledetti! Una telefonata del segretario del Sindaco di Vieste ci chiedeva di fare una nuova diretta, iniziata per le 22:30 e terminata dopo appena un paio di ore. Fortunatamente le poche strutture turistiche presenti in quel tratto di costa non venivano coinvolte dalle fiamme e tutto si concludeva senza evacuazioni e senza aprire centri accoglienza.

“Chi sa è colpevole come chi fa”

Sono passati dieci anni da quell’indimenticabile 24 luglio. Le strutture turistiche andate distrutte sono tornate a funzionare più belle, più ospitali e più sicure di prima, la forza della natura ha fatto sì che quello scenario spettrale sia solo un lontano ricordo e che dove tutto era color grigio cenere ora è tornato meravigliosamente verde, e il Gargano ha riconquistato la sua immagine di splendido posto dove trascorrere le vacanze immersi nella natura rigogliosa. L’unica cosa che è mancata in questi 10 anni è l’individuazione dei colpevoli, di coloro che hanno volutamente creato quel danno e per il quale avrebbero dovuto pagare pesantemente, rimanendo, purtroppo, anonimi ed impuniti. A nulla è valso il manifesto voluto e realizzato dalla nostra redazione, in cui chiedevamo la collaborazione con la giustizia di chi sapeva i nomi dei responsabili. Silenzio spettrale, come quello assordante che si sentiva attraversando le zone in cui la cenere emetteva il suo ultimo fumo. Chi sa è colpevole come chi fa. Gli incendi continuano, i colpevoli restano sempre anonimi ed impuniti: in dieci anni non abbiamo imparato niente.

24 luglio 2007 – 24 luglio 2017: con questo pezzo abbiamo voluto raccontare il nostro 24 luglio, il 24 luglio di Ondaradio. Vi lasciamo con una semplice considerazione grammaticale: sono trascorsi 10 anni e per scrivere questo articolo avremmo dovuto usare il passato remoto, ma a noi sembra ieri, e l’imperfetto, per una volta, si è dimostrato perfetto.

La redazione di Ondaradio


INEDITO – Le prime 6 ore e 45 minuti di diretta (l’ultimo salvataggio prima del black-out){mp3remote}http://www.ondaradio.info/images/stories/audio/20070724_diretta_incendi.mp3{/mp3remote}

Una brevissima sintesi della diretta{youtube}uv_6uJTb_lY{/youtube}

Le drammatiche scene di quella terribile giornata riprese da una coppia olandese in vacanza a Peschici{youtube}szzx9ioIJzw{/youtube}