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LA CITTA’ VISIBILE: l’odonomastica di Vieste, dall’Era Antica ad Epoca Contemporanea di MATTEO SIENA – Piazza Vittorio Emanuele II (già Largo Fosso e Seggio Nuovo) –

Prima di parlare di questa piazza è necessario premettere che quando la città era cinta dalle mura, si poteva accedere all’abitato da varie porte e le più importanti erano quelle denominate Porta di Basso e Porta di Sopra, entrambi sotto la vigile difesa del Castello.

La Porta di Basso, detta anche del Mare, poi dedicata a S. Michele dopo il miracoloso scampato pericolo della peste del 1657, era rivolta verso il Castello ed era munita da due torri, quella di sinistra, a base quadrata , non più esistente, perché ha fatto posto all’attuale palazzo Martucci, invece quella di destra, a base circolare, benché abbia subito diversi interventi, conserva ancora la sua struttura cilindrica originaria ed è adibita attualmente ad esercizio alimentare. Vi si accedeva ad una piazza, popolarmente nota come il Fosso, dalle strade exstra moenia provenienti dall’attuale corso L. Fazzini e dalla Strada della Marina, ora viale Marinai d’Italia.

Il Fosso, è una piazza quadrangolare di modesta area e rappresenta ancora il punto nevralgico del paese. Qui si ritrovano da sempre i cittadini per discutere dei propri affari, per cercare lavoro, per concludere contratti, per intervenire alle sagre paesane, alle feste religiose…

Negli atti della prima metà dell’Ottocento viene detta Seggio Nuovo e, dopo il 1861 fu intitolata, insieme a quella della Libertà, Pianga della Rivoluzione per ricordare gli eccidi perpetrati dai cosiddetti briganti. Nel 1881, il consiglio comunale, su proposta dalla Prefettura di Foggia, la dedicò a Vittorio Emanuele II, primo re dell’Italia unita.

Questi, come è ben noto, sali al trono nel 1849, quando Carlo Alberto, suo padre, fu costretto ad abdicare dopo la disastrosa sconfitta di Novara inflittagli dall’esercito austriaco di Radetzky durante la I Guerra di Indipendenza italiana. Vittorio Emanuele si dimostrò subito sovrano dal forte temperamento, perché si rifiutò di ritirare lo Statuto impostogli dall’Austria durante la firma della pace di Milano. Per la sua fermezza di carattere e per il suo contegno nel difendere i diritti del Regno di Sardegna, che all’epoca comprendeva anche il Piemonte, la Liguria e la Savoia, gli valse il titolo di Re galantuomo.

Successivamente assecondò la politica di Camillo Benso conte di Cavour, sia per affrontare la Seconda Guerra di Indipendenza che per annettere gli Stati dell’Italia centrale e caldeggiò l’impresa dei Mille di Giuseppe Garibaldi per la conquista dell’Italia Meridionale e la relativa annessione del Regno di Napoli. Per poter meglio governare il nuovo Stato, Vittorio Emanuele trasferì la capitale da Torino a Firenze (1865-1871) e poi definitivamente nel 1872, a Roma.

La denominazione de II Fosso gli è dovuto da tempo immemore. Don Mario Dell’Erba, mi confidava una sua ipotesi, quella del mare che entrava in questo spazio, per cui subentrò il toponimo di u Fiandre, cioè il Rientro, ancora noto nell’antistante parte sul mare (oggi detto Fa Rotonda), e che serviva come rifugio alle barche dei pescatori, specialmente durante le mareggiate. Di parere non troppo diverso è invece l’ing. Michelangelo Ranalli, il quale suppone che in questo quieto angolo di mare doveva esserci un arsenale, quello forse ricordato nei Registri Angioini e che la cinta muraria, proveniente da S. Francesco, doveva proseguire in rettilineo fino alla porta di Basso. La successiva curvatura delle mura avvenne in tempi posteriori e il fossato venne riempito con materiale di riporto.

Questa colmata doveva essere di almeno 4 metri, poiché portò il piano della piazza ad un’altezza soddisfacente per accedere agevolmente alle vie Quarti, Bonaventura Santoro, Alarcon, Pola e al corso Umberto I. Queste ipotesi vengono oggi avvalorate da due avvenimenti verificatesi, il primo recentissimo, durante i lavori di ripristino della Rotonda, con la scoperta a livello del mare di una massicciata, che potrebbe far supporre lo scivolo dei natanti allestiti nell’arsenale; l’altro risale invece al 1818, quando si verificò nella piazza una voragine, la cui perizia fu effettuata da Francescantonio Nobile in data 6 Gennaio, giorno stesso del disastro:
‘Il muro pubblico ed antichissimo edificato sulla costa verso Settentrione della Penisola dov’è edificata la città contiene un terrapieno di palmi quattordici (= m. 3,50) in altezza che forma il piano di detta strada fra il muro suddetto sul mare, e la prima riga delle case, che sono piantate sulla costa medesima a traverso della sua elevazione verso mezzogiorno.

L’urto continuo delle onde del mare, che battono la base di questo muro, ne han aperto un buco quasi circolare dal diametro di palmi otto circa [poco più di 2 metri], ed han tirato a poco a poco il terreno, il quale Rallentato dalla parte inferiore e premuto da un ristagno di acque e fango che si forma per mancanza di scolo è sprofondato come una voragine tutto il terrapieno della strada onde resta impedito il passaggio, con evidente pericolo di precipitarsi dei ragazzi e di chi vi passasse di notte, ed il mare apertosi così il varco, continua ad abbattere la fabbrica e tirarsi il terreno, per cui tutto giorno si accresce la voragine, e può produrre lo slamamento delle Case…La voragine fatta nel terrapieno, nello stato attuale, è di palmi sedici in quadro e palmi quat¬tordici profonde che fanno canne cubiche sette… “

Nello stesso periodo si verificò anche lo smottamento del terrapieno, poco distante dal Fosso, adiacente al muro di cinta della città, nell’attuale via Pola.

 

LA CITTA’ VISIBILE
L’Odonomastica di Vieste, dall’Era Antica ad Epoca Contemporanea
MATTEO SIENA