Menu Chiudi

Vieste/ Un ricordo del pittore Silvio Bavassano

           Attaccato da un male inesorabile, in poco più di un mese, la notte tra il 27 e il 28 giugno 2018, il pittore Silvio Bavassano ha chiuso le ali, per dirla in gergo aeronautico. Il Nostro, infatti, è stato soldato dell’Aeronautica Militare, raggiungendo il grado di Tenente Colonnello. Originario di Roma, giunse nel Tavoliere, all’aeroporto “Gino Lisa” di Foggia, nel lontano 1957, quale giovane Sottotenente di complemento. Seguì il suo Reparto, “Palma Radar”, prima a Vieste e poi a Jacotenenete. Bavassano scriveva e disegnava con la mano sinistra, brandendo con destrezza e sicurezza l’attrezzo che stringeva tra le dita, come fanno tutti i mancini. Durante i briefing operativi, amava prendere appunti, a penna o a matita; non di rado capitava che tra una nota e l’altra spiccasse anche il profilo dell’oratore che, in presa diretta, più si era prestato ai canoni della sua arte. L’uomo non abbondava di parole: quando qualcosa non gli andava per il verso giusto, con molto garbo si rivolgeva al suo interlocutore, gesticolando appena con le dita chiuse della mano sinistra, con la leggendaria frase, “e questo che c’azzecca!”.

           Silvio Bavassano è stato soprattutto un pittore, e un appassionato di sport acquatici, fino a poco prima della morte, che lo ha colto e portato via, all’età di ottantatré anni, in silenzio, così com’era vissuto. La sua casa, che ho visitato più volte, ha i muri tappezzati di quadri, e gli stipi e gli armati ricolmi di tele arrotolate, in attesa di essere esposte. I soggetti preferiti sono i paesaggi e le scene fantastiche, qualche aeroplano, e i volti degli umani, taluni ritratti dal vero, specie quelli femminili. I colori suoi prevalenti, ad olio, non sono quelli caldi, immediati e diretti tra soggetto e oggetto, ma sfumature di grigio cenere e marroncino che conferiscono all’opera d’arte l’aria del tramonto e dell’indeterminatezza. E soprattutto un’aria di solitudine, come quella che si legge sul volto bellissimo di una sua modella di tanti anni fa, paradigma, a mio parere, di tutti gli altri, fino ai volti, recentissimi, di Padre Pio. Il santo dei nostri tempi, che, forse, lo ha avvicinato alla fede, che inseguiva e che non trovava.

           Non so se tra i tanti volti, ci sia anche il suo, il suo autoritratto. A me Bavassano non lo ha mai mostrato, però non mi meraviglierei se di autoritratti ne saltassero fuori più di uno, da quelle tele arrotolate. Di certo so che un suo quadro, di soggetto aeronautico, sulla storia di “Palma Radar”, è esposto nel Museo Storico dell’Aeronautica Militare dell’Aeroporto di Bracciano. Al momento, tutte le opere di questo Artista sono a Vieste, nel Museo di casa sua. Prima o poi, verranno viste, studiate e commentate.

Giovanni Masi.