Arriva al vaglio del Tribunale della libertà di Bari l’inchiesta «Agosto di fuoco» della Dda e della Polizia che tra il 21 agosto e il 10 settembre ha portato all’arresto di 6 viestani e un romeno pure residente nel centro garganico accusati a vario titolo di traffico di cocaina e marijuana con l’aggravante della mafiosità, spaccio di droga e detenzione e porto illegale di fucili e pistole sempre con l’aggravante di aver agito con metodi mafiosi e/o per agevolare il clan Perna nella guerra di mafia in corso contro i rivali del gruppo Raduano. Sabato mattina i 7 indagati del blitz, ritenuti legati e/o contigui al clan Perna, sono stati interrogati nel carcere di Foggia dal gip del Tribunale dauno Carlo Profano su rogatoria del collega di Bari Giovanni Anglana che ha firmato le ordinanze cautelari in carcere. Gli indagati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Si tratta di Claudio Iannoli, 42 anni (difeso dall’avvocato Salvatore Vescera), che ha reso dichiarazioni spontanee davanti al gip per dirsi innocente; il cugino Giovanni Iannoli di 32 anni, difeso dall’avv. Michele Arena (i due cugini sono ritenuti al vertice del clan, furono fermati il 21 agosto su decreto della Dda e si sono poi visti notificare in cella l’ordinanza cautelare confermativa); Raffaele Giorgio Prencipe, 34 anni (difeso dall’avv. Vescera); Giuseppe Stramacchia, 32 anni, difeso dall’avv. Michele Candiani; Carmine Romano di 48 anni, assistito dall’avv. Nicola Totaro; e Stefan Cealicu, 43 anni romeno, il cui difensore avv. Fortunato Rendiniello ha chiesto al gip la concessione degli arresti domiciliari: il giudice foggiano ha trasferito l’istanza difensiva al collega di Bari firmatario dei provvedimenti cautelari. Scelta del silenzio anche per il settimo indagato del blitz, Giovannantonio Cariglia, ventiduenne, estraneo al filone d’indagine droga: il giovane, difeso dall’avv. Raul Pellegrini, è accusato di detenzione e porto illegale di pistola aggravato dalla mafiosità. Gli avvocati Vescera, Arena, Rendiniello e Pellegrini hanno anticipato che nei prossimi giorni depositeranno ricorso al Tribunale della libertà di Bari per chiedere la scarcerazione dei loro assistiti per insufficienza di gravi indizi. L’accusa contro i 7 viestani, per fatti che vanno dal maggio ad oggi, poggia molto su intercettazioni ambientali. Ai cugini Iannoli, Prencipe, Romano, Stramacchia e Cealicu la Dda contesta il traffico di droga finalizzato a spacciare «considerevoli quantità di marijuana e cocaina». I cugini Iannoli avrebbe rivestito il molo di organizzatori, mantenendo contatti con fornitori e intermediari; fornendo indicazioni su canali di approvvigionamento, modalità di occultamento e rete di distribuzione della droga; i 4 coindagati si sarebbero occupati di nascondere, «tagliare», confezionare la droga distribuendola a pusher e/o smerciandola direttamente. Ci sono poi 6 singole imputazioni di spaccio e/o detenzione ai fini di spaccio contestate agli stessi 6 indagati a vario titolo; e 3 imputazione di detenzione illegale di armi di cui rispondono oltre a Cariglia i cugini Iannoli, Prencipe e Cealicu. L’aggravante della mafiosità viene contestata per «aver commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416 bis del codice penale» (il reato che punisce l’associazione mafiosa) «e per agevolare la più vasta compagine criminale facente capo a Girolamo Perna nell’ambito della violenta guerra di mafia con la fazione contrapposta facente capo a Marco Raduano, per il controllo egemonico del territorio viestano e l’assunzione del monopolio a Vieste nella gestione e nel commercio degli stupefacenti».
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