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Pesca, via il fermo biologico su tutto l’Adriatico. Resta invece, in vigore fino al 9 ottobre il divieto per i pescherecci dello Ionio e del Tirreno.

Via libera ai pescherecci in tutto l’Adriatico per rifornire dal­l’inizio della settimana i mercati, la filiera e la ristorazione di pesce fresco, con la fine del fermo pesca che dal 13 agosto aveva bloccato te attività della flotta italiana da San Benedetto a Bari, dal Molise alla costa adriatica della Puglia. A darne notizia in Puglia è Coldiretli Impresa Pesca, sottoli­neando che il fermo biologico non risponde più da tempo alle esi­genze della sostenibilità delle principali specie target della pe­sca nazionale. «Con il fermo pesca aumenta il rischio di ritrovarsi nel piatto per grigliale e fritture prodotto stra­niero o congelato. Il settore soffre la concorrenza sleale del prodotto importato dall’estero e spacciato come italiano, soprattutto nella ristorazione, grazie all’assenza dell’obbligo di etichettatura del­l’origine», denuncia il Presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cán­tele che ricorda quanto il blocco delle attività della flotta da pesca italiana in tutto l’Adriatico, per cui chiediamo da tempo una ra­dicale modifica, abbia determi­nato negli anni in Puglia un crollo della produzione, la perdita di oltre 1/3 delle imprese e di 18.000 posti di la­voro, con un con­testuale aumen­to delle importa­zioni dal 27% al 33%.

Di assoluto ri­lievo i numeri del settore in Puglia, il cui valore economico è pari all’1% del PIL pugliese e arriva fino al 3,5% se si considera l’intero indotto, conta 1500 imbarcazioni, 5000 addetti, 10 impianti di acquacoltura e mi­tilicoltura. Le aree vocate sono prioritariamente Manfredonia,

Moffetta, sud Barese, Salento, do­ve il pescato più importante è costituito da gamberi, scampi, merluzzi. «Una crisi quella del settore ittico, che si trascina da 30 anni – rileva Angelo Corsetti, Direttore di Coldiretti Puglia – in un mercato, quello del consumo del pesce, che aumenta, ma sempre più in mano alle im­portazioni. La produzione itti­ca derivante dal­l’attività della pesca è da anni in calo e quella dell’acquacoltura resta stabile, non riuscendo a compensare i vuoti di mercato creati dell’at­tività tradizionale di cattura». So­lo alcune specie ittiche si ripro­ducono in questo periodo, mentre per la maggior parte delle altre si verifica in date differenti durante

il resto dell’anno. Da qui la pro­posta di Coldiretti Impresapesca di differenziare il blocco delle attività a seconda delle specie, men­tre le imprese ittiche potrebbero scegliere ciascuna quando fermarsi in un periodo predefinito. Per effettuare acquisti di qua­lità al giusto prezzo il consiglio di Coldiretti Impresapesca è, dun­que, di verificare sul bancone l’e­tichetta, che per legge deve prevedere l’area di pesca (Gsa). Le provenienze sono quelle dalle Gsa 9 (Mar Ligure e Tirreno), 10 (Tir­reno centro meridionale), 11 (ma­ri di Sardegna), 16 (coste meri­dionali della Sicilia), 17 (Adriatico settentrionale), 18 (Adriatico me­ridionale), 19 (Jonio occidentale), oltre che dalle attigue 7 (Goffo del Leon), 8 (Corsica) e 15 (Malta). Ma si può anche rivolgersi alle espe­rienze di filiera corta per la ven­dita diretta del pescato attraverso la rete di «Campagna Amica».