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Vieste/ Omicidio Nardella: Cassazione respinge ricorso di Silvio Stramacchia. Il commerciante fu accoltellato nella sua rivendita di bibite l’11 novembre del 2014.

”Il ricorso, che attiene al solo contestato giudizio di equivalenza tra le concesse attenuanti generiche e le aggravanti e la recidiva contestate, deve essere dichiarato inammissibile”.

Con sentenza di recente pubblicazione online (//www.statoquotidiano.it/wp-content/uploads/2018/10/20181018_snpen@s50@a2018@n47531@tS.clean_.pdf” target=”_blank”>Penale Sent. Sez. 1, Numero 47033, Anno 2018 – Data Udienza: 29/11/2017 – Presidente Antonella Patrizia Mazzei, relatore Angela Tardio),  i magistrati della Corte di Cassazione hanno dichiarato inammissibile il ricorso proposto da Silvio Stramacchia, nato a Manfredonia il 13/05/1988, contro la sentenza del 05/10/2016 della Corte di assise di appello di Bari.

Come da atti, con sentenza del 6 novembre 2015 il Giudice della udienza preliminare del Tribunale di Foggia, all’esito del giudizio abbreviato, aveva dichiarato Silvio Stramacchia “colpevole dei reati ascrittigli ai capi a), b), c) e d) della imputazione, che ha unificato per continuazione, e, riconosciuta la recidiva, esclusa la circostanza aggravante di cui all’art. 576, primo comma, n. 2 cod.
pen. e applicata la diminuzione per il rito abbreviato”, lo aveva condannato alla pena di anni trenta di reclusione, oltre al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili da liquidarsi in separato giudizio.

All’imputato erano, in particolare, ascritti in concorso con Er Raouy Amin, separatamente giudicato con il rito ordinario (focus) – Focus II – Cassazione, ricorso respinto:
– al capo a) il reato di omicidio, di cui agli artt. 110, 575, 61 n. 2 cod. pen., in danno di Mario Nardella, colpito al torace con un coltello con lama di 20,5 centimetri e deceduto per arresto cardiocircolatorio;
– al capo b) il reato di rapina, di cui agli artt. 110, 628, primo comma e terzo comma, n. 1 e 3-bis cod. pen., in danno dell’esercizio commerciale “Nardella a. & figli”, sito in Vieste;
– al capo c) il reato di porto ingiustificato del predetto coltello, di cui agli artt. 110, 61 n. 2 cod. pen., 4 legge n. 110 del 1975;
– al capo d) tentata rapina, di cui agli artt. 56, 628, primo comma e terzo comma, n. 1 e 3-bis cod. pen., 628, primo comma e terzo comma, n. 1 e 3-bis cod. pen., in danno dell’esercizio commerciale “D’Onofrio Leonardo”.

“La Corte di assise di appello di Bari, con sentenza del 5 ottobre 2016, in parziale riforma della sentenza di primo grado, che ha confermato nel resto, ha concesso all’imputato appellante le attenuanti generiche, equivalenti alle aggravanti e alla recidiva contestate, e, applicata la diminuente del rito, ha rideterminato la pena in anni sedici e mesi otto di reclusione”.

Contro la citata sentenza “ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia avvocato Lorenzo Incardona, l’imputato”, che ne ha chiesto “l’annullamento sulla base di unico motivo, con il quale denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., violazione di legge in relazione agli artt. 62-bis e 133 cod. pen., dolendosi del non espresso giudizio di prevalenza
delle concesse attenuanti generiche sulle contestate aggravanti e sulla recidiva, pur nell’apprezzato sforzo dei Giudici di secondo grado di adeguare il fatto-reato e la conseguente pena da irrogare a principi di umanizzazione della stessa”.

Secondo il ricorrente, “la Corte non ha valutato la richiesta di concessione delle indicate attenuanti «nella forma più ampia», a sostegno della quale si erano rappresentate la sua giovane età, i suoi gravissimi problemi di tossicodipendenza, l’unicità del non grave precedente penale e la sua reale volontà di resipiscenza, espressa con l’ammissione integrale delle proprie responsabilità già nella fase delle indagini preliminari, traducendosi in vizio motivazionale l’omessa pronuncia su un motivo di appello anche in modo implicito e/o per relationem“.

statoquotidiano.it