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Nord Salento/ Famiglia schiava del web. Chiusi in casa per due anni. Nessun contatto con il mondo reale, solo la bambino di 9 anni usciva di casa per acquistare cibo necessario.

Un’intera famiglia del nord Sa­lente, soggiogata dal web, avrebbe vissuto per due anni e mezzo segregata in casa, senza contatti con il mondo reale. Il figlio 15enne ha ab­bandonato gli studi ed ha rischiato di cadere anche nella follia Blue Whale, la trappola che spinge gli adolescenti al suicidio. La sorellina di 9 anni è l’unica che ha continuato a varcare la soglia di casa provvedendo ad ac­quistare il cibo per tutta la famiglia, ovvero merendine, biscotti e cara­melle. Proprio la trascuratezza e la scarsa igiene con cui si è presentata ripetutamente in classe ha insospet­tito gli insegnanti che hanno allertato i servizi sociali. Di questa famiglia ora si stanno occupando gli specia­listi. L’allora 15enne Lorenzo (nome di fantasia), è stato soccorso nell’ot­tobre scorso, aveva i piedi piagati e ricoperti di infezioni purulente. In pratica il piede in questi due anni e mezzo è cresciuto di due numeri, ma le sue scarpe sono rimaste sempre le stesse. Oltre ad una forte terapia antibiotica è stato necessario un lun­go periodo di fisioterapia per rimet­tere in movimento un corpo anchilosato dall’inattività prolungata. Ri­dotto ad essere uno scheletro che cammina, ha assunto per troppo tempo solo cibo inadeguato, insieme ai suoi familiari. La madre ha 43 anni, il padre 40enne percepisce una pension­cina che ha consentito alla famiglia di tagliare i ponti con il mondo. Un mondo che per loro ha semplicemente smesso di esistere. Il tempo davanti allo schermo si è dilatato fino ad inghiottirli completamente. Ed in po­chi metri quadrati ha iniziato a con­sumarsi il dramma dell’isolamento. Così vicini, così lontani. Sino a per­dere ogni equilibrio, ogni sana re­lazione e la salute. La Asl di Lecce nel 2017 ha avuto in carico tre pazienti per dipendenza patologica da tecnologia digitale. Un nuovo utente ma­schio, d’età compresa tra 25 e 29 anni, e due utenti già in carico, cioè una donna sempre di età compresa tra 25 e 29 anni ed un maschio di età compresa tra 55 e 59 anni. I numeri però, se­condo gli esperti del settore, nascon­dono pericolosi sommersi anche nelle remote periferie. In Giappone questa dipendenza patologica degli adole­scenti è stato catalogata come sin­drome di Hikikomori (che significa ritiro, isolamento). Anzi secondo al­cuni studiosi la sindrome ha origine dall’isolamento e la dipendenza di­venta il modo per gestire questo iso­lamento. «Quei piedi piagati di Lo­renzo -dichiara Luigi Russo, lo psi­coterapeuta del centro educativo Ambarabà di Lecce, dottore di ricerca in scienze dell’educazione- dovrebbero indurci ad avere uno sguardo più attento al prossimo. Dovremmo fare attenzione a non fare sentire sola o isolata una famiglia che si sta se­gregando in un inferno calmo. Ognu­no di noi ha la responsabilità di contribuire a realizzare la comunità, lo stare insieme, vigilando sul pros­simo. Insomma la responsabilità di sentire l’altro. Perché, come scriveva Durkheim: «Gli uomini, se lasciati a se stessi, sono destinati a cadere vit­time dei propri desideri senza fine».

Monica Carbotta

gazzettadelmezzogiorno