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S. Giovanni Rotondo/ Ictus ischemico, primato di Casa Sollievo. Superata la soglia dei 100 trattamenti

La Stroke Unit dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza ha da poco superato il nume­ro di 100 trattamenti di trom­bolisi per pazienti colpiti da ic­tus ischemico. Un traguardo raggiunto grazie al lavoro di una equipe clinica multidisci­plinare dedicata all’ictus cere­brale (che comprende le unità di Neurologia, Radiologia diag­nostica, Radiologia Interventis­tica, Pronto Soccorso, Aneste­sia e Rianimazione, Laborato­rio Analisi) e attraverso l’ap­plicazione delle metodologie del Sistema Gestione Qualità e della Direzione Sanitaria. L’ap­proccio multidisciplinare e la guida metodologica, applicati alle innovazioni organizzative, rappresentano una costante che garantisce il controllo del rischio clinico e dei risultati. L’ictus, ischemico è una malattia dovuta all’ostruzione di un vaso sanguigno cerebrale, causata da un coagulo che si forma localmente a seguito di alterazioni della parete, come nel caso dell’aterosclerosi, o preveniente da altre arterie o dal cuore. «Ad oggi – spiega Pietro Di Viesti, neurologo coordinatore della Stroke Unit dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza – la terapia più ef­ficace in questi casi è quella di disostruire il vaso e ripristin­are nel più breve tempo pos­sibile il flusso sanguigno. Tut­to ciò si può fare in due modi: sciogliere il coagulo sommin­istrando farmaci per via veno­sa, la cosiddetta trombolisi en­dovenosa o sistemica, o rimu­ovendo il coagulo mediante ca­teteri introdotti per via arteri­osa, tecnica definita trombolisi meccanica endoarteriosa». Essendo l’ictus cerebrale ischemico una malattia tem­po-dipendente, è fondamen­tale che il trattamento per via endovenosa e endoarteriosa, venga iniziato il più precocemente possibile. Attraverso il rapido riconoscimento dei sin­tomi, facilmente individuabi­li, si avvia un imme­diato e corretto iter diagnosti­co e si pianifica la terapia più idonea nel singolo paziente. Bi­sogna intervenire entro quat­tro ore e mezza per la trom­bolisi endovenosa, e sei ore per quella endoarteriosa, sempre se sono soddisfatti una serie di criteri di selezione che devono essere valutati dal medico caso per caso. «Questo perché – continua Di Viesti – i trattamenti di rivascolarizzazione sono tanto più efficaci quanto più preco­cemente si riesce ad eseguirli. Questo si traduce in una vera e propria corsa contro il tem­po con una catena di azioni che coinvolge molti professionisti in quello che prende il nome di “percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale dell’Ictus acuto”.