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A Peschici è successo…

Ho volutamente atteso che i riflettori si spegnessero e l’euforia dell’impresa venisse consumata tra meritati festeggiamenti, per esprimere un modesto pensiero. I miei ricordi affondano negli anni ‘80-90, quando il calcio dilettantistico era un’istituzione, i campi da gioco un luogo di incontro, un rito domenicale che riuniva tra gli spalti giovani e meno giovani, armati di radioline con lunghe antenne dove spiccava la singolare voce rauca del compianto Ciotti. Tutti a tifare la squadra del proprio paese, distratti ogni tanto dai goal della Juve, dell’Inter, del Milan, descritti a voce e lasciati immaginare ai tifosi gioiosi dai radiocronisti dell’epoca, anche loro vere icone al pari di tanti calciatori. «Scusa Ameri, scusa Ameri…» e tutti ad aspettare l’annuncio del gol! Era il calcio senza o quasi stranieri in serie A e quello del «palla avanti e pedalare» dei nostri campi in terra battuta o per i più fortunati, in sabbia di fiume; era il calcio con il secchio d’acqua miracolosa con annessa spugna in dotazione al «massaggiatore» d’ordinanza, ruolo conteso tra i dirigenti canuti dell’epoca. Era anche il calcio dove ad un buon calciatore veniva concesso il «trasferimento» a società non molto distanti da casa, facendo apprezzare il vichese, il rodiano, l’ischitellano, il peschiciano in squadre di categorie superiori. Altri tempi, altri modi di vivere lo sport, altri monitor televisivi… A Peschici, dopo alcuni anni di assenza, è ritornato il calcio, quello amatoriale, quello passionale, quello che unisce, che parla alla gente, quello che inorgoglisce, quello che ti fa sentire parte di una comunità, quello che riempie tutto lo stadio. Un presidente lungimirante, alcuni bravi dirigenti, tanti collaboratori, un tecnico esperto e capace, un bel gruppo di scalpitanti e giovani calciatori ed il gioco è fatto! Chiamarlo «miracolo» è poco corretto nei confronti di autorevoli detentori del sostantivo, fatto che si ritiene dovuto a un intervento soprannaturale… E’ anche vero, però, che vincere un campionato, seppur di terza categoria, al primo colpo e senza subire nemmeno una sconfitta, non è da tutti e non capita nemmeno ogni anno… A Peschici è successo. Ci hanno creduto, hanno lavorato per questo, hanno messo in piedi un’organizzazione e una pianificazione degne di categorie superiori e non per ultimo come importanza, hanno saputo condividere, partecipare e coinvolgere. Scusate se è poco. Aggiungi anche una struttura moderna come lo stadio «Maggiano», in erba sintetica e tribuna coperta, un’Amministrazione comunale con a capo il Sindaco e l’Assessore allo Sport che supportano l’iniziativa, il clamore delle vittorie che da che mondo e mondo hanno sempre rappresentato il motore di qualsiasi macchina dell’entusiasmo, ed ecco che l’evidente risultato ottenuto prende la giusta forma e riconosce a ciascuno i suoi meriti. Solo mettendo insieme tante forze individuali è possibile raggiungere certi obiettivi. Ho conosciuto per motivi professionali un giovane imprenditore peschiciano, uno sportivo prima ancora che calciatore dilettante. Avevo intuito dal suo sguardo e dai suoi occhi la voglia di fare, di realizzare, di stupire con qualcosa di entusiasmante, il suo popolo. Un piccolo accenno alle prime riunioni. Alcuni suoi amici hanno condiviso, sposato e portato avanti il progetto maturato insieme. Così come tutti insieme hanno creato un gruppo, lo stesso che oggi festeggia anche in nome di Max una vittoria, un traguardo, una meta agognata, pur con il rimpianto dell’amico scomparso. Gli hanno dedicato gran parte della tribuna, lo hanno sempre evocato, tenuto stretto nel cuore, perché ogni vittoria poggiasse sul ricordo. Posso testimoniarlo io, quando dagli spalti del «Maggiano» ho ascoltato più volte lo scrosciare degli applausi dedicati a Max. Davvero tanti complimenti, Peschici. E non solo per la vittoria calcistica. Michele Lauriola