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6 Gennaio/ LE PORZIONI DEI POVERI

La gente santifica le feste: i ricchi sedendosi a tavola, i poveri digiunando.

 SYDNEY G. SMITH

Le feste natalizie con l’Epifania si avviano al loro epilogo. In tutte le religioni il far festa comprende anche un aspetto conviviale che è espressione della comunione tra anima e corpo e delle persone tra loro. Nella Bibbia, al termine della lettura della Legge davanti al popolo ebraico riunito alla Porta delle Acque di Gerusalemme, il sacerdote Esdra e il governatore Neemia così esortano il popolo commosso e pentito per le proprie colpe: «Questo giorno è consacrato al Signore, non fate lutto e non piangete… Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che non hanno nulla di prepara­to, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattri­state perché la gioia del Signore è la nostra forza!» (Neemia 8,9-10).

Significativo è quell’appello a «mandare porzioni» ai poveri, per­ché tutti, e non solo i benestanti, possano festeggiare. Purtroppo spesso, anche tra i cristiani, l’egoismo e il quieto vivere hanno il so­pravvento e, con la scusa che non si può pensare a tutti né sfamare ogni misero della terra, ci si mette a tavola senza remore (le abbuffa­te sono, infatti, il solito tema dei servizi televisivi natalizi).

A ricor­darci il digiuno dei poveri durante le feste è la battuta sopra citata del poeta scozzese (ma nato nel 1915 in Nuova Zelanda) Sydney G. Smith, morto nel 1975. Certo, la nostra piccola rinuncia, il gesto mo­desto è solo una goccia nell’oceano della miseria di tante persone. Ma è proprio di gocce che è fatto anche il mare del bene e della gene­rosità: se nessuno facesse mancare la sua goccia, esso sazierebbe l’immensa distesa arida della povertà.

Gianfranco Ravasi