«Perché noi della piccola pesca ogni qualvolta ci spostiamo entro il bacino portuale per una ragione qualsiasi, come andare alla pompa per fare gasolio o avvicinarci all’officina, dobbiamo comunicare lo spostamento in Capitaneria di porto e invece lo stesso obbligo non c’è per un qualsiasi altro natante come ad esempio barche da diporto e assimilati?».
E’ l’interrogativo che si pongono i pescatori del «gruppo pescatori e armatori di Manfredonia» che osservano come sia già in atto nell’ambito del porto storico dove si trova la flotta peschereccia e alcuni pontili per barche da diporto, un impianto di sorveglianza impiantato dall’Autorità di sistema portuale che tiene sotto controllo ha 24 l’intera struttura portuale. «Perché costringere noi pescatori a operazioni aggiuntive che intralciano il nostro lavoro?
Ogni qual volta si sbaglia scattano pesanti multe e punti tolti alla licenza di pesca». Le motopesche obbligate a questo onere sono 120, il grosso della flotta che si aggira intorno a 180 natanti: 60 le grandi barche che non sono soggette a dichiarare gli spostamenti perché dotate di blue-box un sistema di controllo satellitare.
Le piccole barche non ne sono dotate per via dei costi ritenuti eccessivi. Il «Gruppo pescatori e armatori di Manfredonia» ha quindi chiesto un incontro con il comandante della Capitaneria di porto. «Una richiesta avanzata con regolare lettera protocollata quasi un mese fa ma che non ha avuto riscontro» lamentano: «è da qualche anno oramai che la categoria dei pescatori è sottoposta ad una incessante e pesante azione di controlli da parte dell’autorità marittima che ha reso questa attività particolarmente difficile.
Comprendiamo la necessità di applicare normative che mal si adattano alla pesca dei nostri mari, ma riteniamo che è possibile trovare delle intese che facilitino il nostro lavoro e quello della Guardia costiera almeno per alcune formalità che non incidono sul contesto complessivo».
Purtroppo il mondo della pesca pare come abbandonato a sé stesso. Basti pensare che il cuore di tutto un apparato produttivo di grande interesse economico (il valore annuo del solo pescato si aggira intorno ai venti milioni di euro) e dunque sociale, quale è il mercato ittico, è fermo da oltre due anni, una struttura modernamente concepita chiusa perché non si riesce a individuare un affidamento gestionale.
Una insensatezza che non trova spiegazioni plausibili che penalizza fortemente un settore in uno dei suoi momenti più qualificanti e fondamentali, quello cioè della prima commercializzazione del prodotto con riflessi anche sulle misure sanitarie.
Michele Apollonio