«Nelle intercettazioni che lo chiamano in causa, Giovanni Iannoli parla sempre in prima persona, dice sempre “io”; ed aggiunge anche di non essere interessato ad alcuna “fetta di torta”: sono quindi la stesse captazioni ambientali su cui poggia l’accusa, a dimostrare la veridicità della confessione ora resa dall’imputato».
È quanto ha sostanzialmente detto in arringa l’avvocato Michele Arena, chiedendo al gup del Tribunale di Bari – dov’è in corso il processo abbreviato «Scacco al re» ai cugini Iannoli per il tentato omicidio aggravato dalla mafiosità di Marco Raduano – la condanna al minimo della pena di Giovanni Iannoli, con esclusione dell’aggravante della mafiosità e concessione delle attenuanti generiche, alla luce della confessione resa a processo in corso.
La Dda nel sollecitare la condanna a 18 anni a testa dei due imputati, replica che Giovanni Iannoli e il cugino Claudio Iannoli parteciparono materialmente all’agguato ai danni di Raduano del 21 marzo 2018; che l’obiettivo era eliminare il rivale nell’ambito della guerra di mafia in corso a Vieste tra il gruppo Raduano e la batteria all’epoca capeggiata da Girolamo Perna (poi ucciso sotto casa da killer ignoti a fine aprile 2019), di cui i cugini Iannoli sarebbero esponenti di vertice.
Sulla scorta delle confessioni di Giovanni Iannoli a cui carico ci sono, (pesanti» intercettazioni in cui sostanzialmente confidava a un familiare il proprio coinvolgimento nel ferimento di Raduano, l’avv. Arena in arringa si è richiamato a diverse intercettazioni a carico del suo cliente per sostenere il movente privatistico del tentato omicidio e negare che fosse legato alla spartizione del territorio.
L’avvocato Salvatore Vescera ha invece chiesto l’assoluzione di Claudio Iannoli: non ci sono intercettazioni che lo chiamano direttamente in causa, i sospetti a suo carico sul coinvolgimento nel ferimento Raduano non assurgono a prova. In subordine l’avv. Vescera ha chiesto l’esclusione dell’aggravante della mafiosità.
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