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29 Febbraio/ LA DOTTA IGNORANZA

Socrate si divertiva a punzecchiare i suoi interlocutori dicendo che la sua unica conoscenza certa era di non saper nulla. È un’affermazione dietro la quale si nasconde un’intuizione di grande profondità, poiché l’unica cosa più pericolosa dell’autentica ignoranza è l’illusione della conoscenza.

ANTHONY CLIFFORD GRAYLING

Trovo questa considerazione nel libro brillante di un filosofo in­glese contemporaneo, Anthony Clifford Gravling, intitolato La ragio­ne delle cose (2004). Egli tocca in quel saggio in modo lieve ed elegan­te tutte le questioni morali pubbliche e private, offrendo proposte di soluzione, osservazioni, prospettive spesso originali, altre volte scontate, talora discutibili. Condivisibile è, certo, questa nota sull’«illusione della conoscenza» come pericoloso appannaggio e panneggio di cui non pochi si ammantano e si gloriano. Purtroppo ancora una volta bisogna dire che l’esempio più lampante ci è offer­to dalla televisione, ove basta stare seduti in uno dei tanti salotti o studi dei vari programmi per sentirsi autorizzati a proclamare cer­tezze in modo deciso e stentoreo, senza esitazioni o remore.

Il grande pensatore quattrocentesco tedesco Nicola Cusano (1401- 64) aveva coniato la formula «dotta ignoranza» come titolo della sua opera maggiore. Sì, esiste un’ignoranza che è sapiente perché è con­sapevole dei limiti del nostro sapere ed è perciò aperta alla ricerca e al mistero. Il cervello modesto e arrogante è, invece, convinto di do­minare tutta la realtà ed è per questo sicuro di sé e altezzoso, sbriga­tivo e banale. Questa malattia della mente può attecchire in tutti, al­meno in qualche comparto della conoscenza, ed è per questo che si deve sempre porre un freno al proprio orgoglio, ascoltando il moni­to del Virgilio dantesco: «Oh creature sciocche, quanta ignoranza è quella che v’offende!» (Inferno VII, 70-71).

Gianfranco Ravasi