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Monte S. Angelo/ Guerra di mafia e omicidio del maresciallo rinviati i due processi in Corte d’Assisi. Alla sbarra complessivamente 3 imputati, 2 detenuti: dovevano riprendere oggi.

Rinvio a data da destinarsi per i due processi previsti questa mattina davanti alla corte d’assise di Foggia: quello per un omicidio di mafia avvenuto il 21 marzo 2017 a Monte Sant’Angelo collegato alla guerra tra clan garganici, che vede imputati due manfredoniani quali presunto omicida e presunto favoreggiatore; e quello all’anziano di Cagnano Varano che il 13 aprile di un anno fa uccise a colpi di pistola in paese un maresciallo dei carabinieri e ferì gravemente un altro mi­litare deh’Arma. Due dei tre imputati – i pre­sunti assassini – sono detenuti in carcere, ma l’emergenza coronavirus ha portato al rinvio: di fronte alla necessità di comporre le corti composte da giudici togati e popolari anche di fuori città, e di far arrivare in aula testimoni da fuori città e fuori regione, si è deciso per lo slittamento delle due udienze a quando l’emer­genza sarà finita, ed al momento non è possibile anticipare date.

GUERRA TRA CLAN – Matteo Lombardi, 48 anni, detto «U’ carpinese», originario di Monte Sant’Angelo e residente a Manfredonia, ex al­levatore e ora commerciante d’auto, è detenuto in carcere da quasi un anno: il 17 aprile del 2019 i carabinieri lo arrestarono (e con lui Antonio Zino concittadino di 40 anni accusato di fa­voreggiamento) su ordinanza firmata dal giu­dice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari chiesta dalla Direzione distrettuale an­timafia per l’omicidio premeditato e aggravato dalla mafiosità di Giuseppe Silvestri, allevatore di Monte Sant’Angelo soprannominato «l’Apicanese», ucciso a 43 anni alla periferia del paese

la mattina del 21 marzo del 2018. La vittima era a bordo di un’auto furgonata quando tre killer lo affiancarono con un’altra macchina e lo uc­cisero a colpi di lupara. L’accusa, sulla scorta del dna trovato su una cartuccia e sull’alibi dell’imputato ritenuto falso, sostiene che Lom­bardi – considerato uno dei capi clan garganici – è uno dei killer: uccise il rivale e poi raggiunse in auto insieme a Zino Lodi, in Lombardia, per partecipare ad un’asta per la vendita di auto e precostituirsi un alibi. L’imputato replica che il giorno del delitto partì all’alba da Manfredonia per raggiungere quella stessa mattina la Lom­bardia vista la sua attività di commerciante d’auto. L’omicidio si inquadra – dicono pm e investigatori – nella guerra esplosa nel 2009 tra gli ex alleati e amici Libergolis, cui era ritenuto vicino Silvestri, e i rivali del gruppo Romi­to-Ricucci-Lombardi che nell’arco di undici an­ni ha contato 13 morti ammazzati (compresi i 4 della mattanza del 9 agosto 2017 sulla strada Pedegarganica) e tre agguati falliti. Il processo a Lombardi è iniziato lo scorso 4 novembre, l’ultima udienza si è celebrata il 2 marzo, oggi era previsto l’interrogatorio di altri testimoni.

LA MORTE DEL MARESCIALLO Dopo la prima udienza celebrata il 2 marzo, doveva poi entrare nel vivo questa mattina con l’inter­rogatorio dei primi testi d’accusa il processo a Giuseppe Papantuono, il sessantacinquenne di Cagnano Varano detenuto dal 13 aprile 2019. Quella mattina in paese uccise il maresciallo maggiore e vicecomandante della stazione lo­cale Vincenzo Di Gennaro di 47 anni originario di San Severo, e ferì il carabiniere Pasquale Casertano di 27 anni, della provincia di Caserta, mentre erano impegnati in un servizio di pat­tuglia. Il presunto omicida si avvicinò all’auto dell’Arma e fece fuoco ripetutamente: l’ipotesi è che abbia ucciso per vendicarsi dell’Arma per­ché nei giorni precedenti aveva subito due per­quisizioni col sequestro di qualche dose di co­caina e un coltello. L’imputato, che ha reso la propria versione dei fatti lo scorso gennaio in occasione dell’udienza preliminare conclusasi con il rinvio a giudizio, sostiene di ricordare poco o nulla perché quando agì era sotto l’ef­fetto di cocaina. La difesa ha chiesto una perizia psichiatrica per accertare se l’imputato fosse capace d’intendere e volere all’epoca dei fatti, richiesta su cui la corte d’assise si è riservata di pronunciarsi: se ne riparlerà quando sarà pos­sibile celebrare le udienze.

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