La Puglia si prepara alla promozione in Fase 2. Manca ancora l’ufficialità, ma la Regione ha ottenuto buoni punteggi sulla maggior parte dei 21 indicatori stabiliti dal ministero della Salute e dall’Istituto superiore di sanità. In pratica si tratta di pagelle che tutte le Regioni dovranno superare per dimostrare di poter passare dalla Fase 1 alla Fase 2. Gli indicatori monitorano quello che viene definito rischio sanitario, cioè la capacità di una Regione di tenere a bada il contagio e di contenere possibili nuovi focolai di Covid correlati alle prossime aperture per esempio di parrucchieri, estetiste, lidi balneari, bar, ristoranti.
A proposito di aperture, ormai è chiaro che si va verso linee guida nazionali identiche per tutte le Regioni. Quei 21 indicatori rappresentano il sistema per monitorare le conseguenze delle aperture e in base agli effetti sui possibili aggravamenti dell’epidemia, decidere nuove restrizioni, come l’istituzione di zone rosse delimitate in alcune aree regionali, se non veri e propri lockdown per macro-aree.
Gli indicatori rappresentano dunque un freno che si potrà utilizzare nel momento in cui l’epidemia non fosse più sotto controllo in alcune regioni o aree. “In sintesi – dice un dirigente regionale – gli indicatori misurano la capacità di monitoraggio epidemiologico, l’efficienza dei percorsi diagnostici, l’adeguatezza delle strutture di prevenzione in termini di quantità di personale dedicato alle attività di sorveglianza, l’andamento della curva epidemica, la comparsa di focolai e il tasso di occupazione dei posti letto ospedalieri”.
Di certo la Puglia è tra le Regioni d’Italia che hanno presentato tutti i dati richiesti dal ministero per effettuare il monitoraggio del rischio sanitario. I risultati dovevano essere resi noti già nel pomeriggio di ieri, ma i ritardi di alcune Regioni nell’invio delle informazioni ha fatto saltare la presentazione dei dati da parte del ministero.
Sta di fatto che gli indicatori pugliesi sono buoni: “La Puglia è in ordine” spiega Pier Luigi Lopalco, responsabile scientifico della task force regionale sul Covid. L’indicatore principale, per esempio, è quello noto come Rt, parametro che calcola l’indice di riproducibilità del virus. In questo momento nella settimana di riferimento tra 4 e 10 maggio si è attestato a 0,24, lontanissimo da 1 che rappresenta la soglia da non superare: “Ciò vuol dire –
conferma Lopalco – che l’epidemia in questi giorni si sta spegnendo. Per noi questo è un elemento molto importante perché ora possiamo avere una sorta di linea di base regionale. Per cui fra qualche settimana potremo constatare se effettivamente le aperture di inizio mese abbiano avuto effetti sull’andamento dei contagi. Se non fossimo arrivati con così pochi casi, l’effetto della riapertura si sarebbe mescolato con focolai attivi, che al momento non ci sono”.
Gli altri indicatori riguardano numero di casi, di ricoveri, di posti letto occupati in terapia intensiva. Molti di questi indicatori sono tecnici, come la percentuale di casi nel sistema di sorveglianza in cui è indicata la capacità di raccogliere i dati all’inizio dei sintomi. L’unico indicatore in cui la Puglia è sotto gli standard ministeriali è il numero di operatori dedicati al contact tracing, vale a dire al tracciamento dei casi di contagio.
Lo standard indicato dal ministero è 1 e prevede un lavoratore dedicato al tracciamento ogni 10mila abitanti. In pratica per la Puglia dovrebbero esserci 400 lavoratori impiegati nel tracciamento. In realtà ce ne sono circa 130, per questo l’indicatore pugliese è fermo a 0,33, vale a dire che ha un terzo del numero di lavoratori indicato.
Antonello Cassano
repubblicabari