Menu Chiudi

26 OTTOBRE/ PROMESSE

Promettete, promettete a lungo, perché la speranza è più viva della ricono­scenza.

ABBÉ DE LA ROCHE

Un amico tempo fa mi ha suggerito questa frase che ha trovato in un vecchio libro di detti e massime e che è attribuita a un certo Abbé de la Roche, personaggio anche a me ignoto. La battuta è, però, inte­ressante ed è spesso una divisa dei politici che certamente non ri­sparmiano sulle promesse. Tra parentesi, mi viene in mente l’altra frase che il Grillo parlante rivolge allo scapestrato Pinocchio di Col­lodi: «Non ti fidare, ragazzo mio, di quelli che ti promettono di farti ricco dal mattino alla sera. Per il solito, o sono matti o sono imbro­glioni». Vorrei, però, mettere l’accento sulla seconda parte della fra­se del nostro abate.

La riconoscenza – egli osserva – è ben più fragile ed effimera ri­spetto all’attesa e alla speranza di favori. Questa è una verità sacro­santa: tutti forse hanno scoperto che, se sei ritenuto necessario per un favore o per la carriera di un altro, sei sempre da lui blandito o, comunque, tenuto in considerazione e rispetto. Una volta raggiunto lo scopo, l’altro ti ringrazia e tutto finisce lì. Impariamo, allora, la ri- conoscenza pura e sincera. Ma anche evitiamo, se è in nostro potere fare un favore, di giocare con le promesse e di far sperare inutilmen­te a lungo. Dante nell’Inferno ha un monito lapidario – «lunga pro­messa con l’attender corto» (XXVII, 110) – per condannare le pro­messe non mantenute. Certo, attenzione però anche a non esagerare nell’esigere gratitudine eterna per un favore concesso. Infatti – nota­va lo scrittore americano Mark Twain nella sua Autobiografia – «la gratitudine è un debito che di solito si va accumulando, come succe­de coi ricatti: più paghi, più te ne chiedono!»

Gianfranco Ravasi