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23 NOVEMBRE/ IL BERSAGLIO

Gli uomini non tirano frecce o pietre perché esiste un bersaglio, ma mettono dei bersagli affinché il loro tiro e il loro lancio possano essere più efficaci e significativi.

JOHN DEWEY

Mi capita tra le mani la vecchia edizione di un’opera del 1922 del filosofo americano John Dewey (1859-1952): è uno dei testi significa­tivi della cosiddetta «psicologia sociale» e s’intitola Natura e condotta dell’uomo. Sfogliando quelle pagine m’imbatto nella frase che ho so­pra citato e che mi incuriosisce. Il discorso è un po’ complesso, ma coglie ima verità: l’uomo è circondato da elementi molteplici e di­sparati che potrebbero tutti essere oggetto di conquista. Alla fine, tuttavia, è lui a decidere quale sia la vera meta da raggiungere. È lui che determina il bersaglio sul quale puntare ed è nel centrarlo la fon­te della sua soddisfazione, della pienezza della sua vita.

Questa osservazione riesce a spiegare perché oggi ci siano molti giovani (ma non solo) in crisi. Essi hanno smarrito il gusto di porsi dei bersagli da colpire; se devono tirare le loro frecce, le scagliano a caso; ogni progetto e ogni meta da perseguire – soprattutto nella maturità umana ma anche nel lavoro – è lasciata nel vago o nell’indifferenza. Mentre da un lato si esalta la necessità della programmazione in tutto, dall’economia alla stessa vita religiosa, dall’altro ci si trascina senza il rigore delle scelte, senza la fatica dell’addestramento, senza il deside­rio di un fine autentico. È, allora, necessario un sussulto di azione, di intelligenza, di desiderio perché la vita abbia un senso e quel senso venga conquistato con un impegno severo.

Gianfranco Ravasi