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9 DICEMBRE/ CIÒ CHE SIAMO E FACCIAMO

Bisogna riconoscere che quello che facciamo dipende da ciò che siamo. Si de­ve, però, aggiungere che, in una certa misura, noi siamo ciò che facciamo e questo ci offre la possibilità di ricreare continuamente noi stessi.

HENRI BERGSON

S’intitola L’evoluzione creatrice e fu pubblicata nel 1907: è l’opera più importante del filosofo francese Henri Bergson che – fatto abba­stanza raro – ricevette nel 1927 il Nobel per la letteratura, anche gra­zie alla sua scrittura sempre raffinata. Ne ho scelto un frammento si­gnificativo che delinea il profilo dell’uomo nel suo agire. Noi siamo certamente condizionati dalla struttura originaria, dal carattere, dal­la dotazione di intelligenza ricevuta, dalla nostra costituzione inte­riore e fisica. Tante scelte fioriscono proprio da questo terreno pri­mario che reca in sé splendori e miserie e che non ci deve né insuperbire né scoraggiare.

Detto questo, però, il filosofo ci ricorda che questa nostra realtà primordiale non è statica né definitiva. Proprio perché liberi e dotati di volontà, possiamo lavorare su noi stessi e plasmarci. Le nostre azioni possono, allora, diventare uno strumento di «ri-creazione» di noi stessi. È ciò che hanno compiuto molti grandi della storia che si sono duramente imposti progetti e programmi da attuare, reagendo ai loro stessi limiti iniziali. È, soprattutto, ciò che è stato dimostrato dai santi, che spesso hanno ribaltato in virtù certi loro difetti, ren­dendo fecondo anche un temperamento arido. Noi, dunque, siamo un intreccio di grazia e di libertà, di dono e di volontà, di mistero e di evidenza. Siamo creati da Dio, ma in modo da essere partecipi della nostra rigenerazione. Dono e impegno, intelligenza e volontà si devono intrecciare fra loro perché si possa avere la persona com­pleta e matura.

Gianfranco Ravasi