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L’ASSASSINIO DI MORO IL GIORNO DI SANTA MARIA, LA RIPERCUSSIONE A VIESTE

da “VIESTE, VIAGGIO NEGLI ANNI DAL 1943 AL 2013” di Ludovico Ragno

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Dopo gli anni fecondi del cosiddetto boom economico, dal 1958 al 1963, e gli anni Sessanta della contestazione studentesca, che tenne in fermento le città italiane sedi universitarie, arrivarono gli Anni Settanta, poi soprannominati “di piombo”, funestati da rapimenti e uccisioni operati dalle brigate rosse. Toccarono la punta più feroce, insensata e tragica il  16 marzo 1978 con la strage della scorta dell’onorevole Aldo Moro, e lui rapito e poi ucciso il 9 maggio.             

La mattina del 9 maggio 1978, come tutti gli anni, i viestani eravamo sparsi a migliaia nell’area circostante il santuario della nostra Patrona Santa Maria di Merino, avendo fatto prima, quasi tutti, una visita in chiesa e poi gironzolando vocianti e festosi e/o seduti a gruppi sul prato a consumare la colazione. Così fino all’arrivo della processione, intorno a mezzogiorno.

Dopo la celebrazione della messa all’aperto, molti tornarono a casa, io fra quelli, molti altri rimasero per rientrare la sera con la processione. Sotto casa, erano circa le due pomeridiane, un amico appena incontrato mi disse: “Hai sentito la radio?”. “No, perché?”. “Hanno ucciso l’onorevole Moro”.

Tale evenienza, pure se temuta, era messa in dubbio dalla ragione. Cosa potevano guadagnarci i rapitori a metterla in atto? Non si vedeva alcun possibile vantaggio. Ma contro la follia non era valsa la ragione. Il terrorismo delle brigate rosse aveva sulla coscienza già altri delitti compiuti nel decennio in corso, culminati nel massacro dei cinque militari di scorta all’onorevole Moro. Era uno degli uomini politici italiani più autorevoli del tempo. Già segretario nazionale della Democrazia Cristiana, più volte ministro e poi presidente del Consiglio dei Ministri, al momento della cattura rivestiva la carica di presidente della D.C. Ora avevano ucciso, a freddo, anche lui. La più grande vigliaccata della politica deviata.

Fu uno choc per la gente d’ogni categoria e idea politica. In quelle concitate ore pomeridiane con chiunque t’incontravi non si parlava d’altro. Per quanto ricordo di quella giornata, insieme all’esecrazione dell’accaduto traspariva dai discorsi anche un senso di vago malessere, fatto di sconcerto, rabbia, spettro d’impotenza delle istituzioni, pensieri tipo: ”Ma dove stiamo andando a finire?”

L’onorevole Moro era stato a Vieste quale parlamentare del nostro collegio, allora Bari – Foggia, ed aveva un cordiale rapporto con il sindaco Giannangelo Latorre. Io l’avevo incontrato, con Latorre ed altri amministratori comunali, ad un convegno tenutosi a Pugnochiuso nel ’72. Poi c’eravamo rivisti a Vieste in un’assemblea della Democrazia Cristiana nel cinema oratorio alla vigilia delle elezioni del ’76. Un’assemblea affollatissima, della quale ci sono rimaste alcune fotografie, con Moro attorniato festosamente dalla gente e poi mentre parla sul podio. Del discorso che tenne in quell’occasione, mi colpì molto un “passaggio”, quando illustrò il quadro sociale e politico dell’Italia a tinte chiaroscure.

Egli espresse il convincimento che per uscire dalle difficoltà della situazione in cui ci si trovava era necessario allargare l’area di governo ai comunisti, dai quali già venivano segnali di apertura in questa direzione; ampliare insomma i consensi allo Stato democratico. Interrotto ad un certo punto e lungamente applaudito, quando riprese a parlare ringraziò per l’applauso e commentò pressappoco così: “Dovunque parlo, quando dico queste cose tutti mi applaudono, però nel partito io rappresento solo l’otto per cento degli iscritti”. C’era amarezza nelle sue parole. Forse gli venivano alla mente coloro – e sono tanti – i quali, secondo un antico detto, “vedono il meglio ma seguono il peggio”.

A Vieste, la tragedia umana e politica di quella mattina mise in discussione, di riflesso, i festeggiamenti predisposti in onore della santa Patrona. Come dovevano regolarsi il comitato organizzatore e l’autorità comunale?

Il pomeriggio dello stesso giorno 9 maggio, convocata dal sindaco Raffaele Santoro, ebbe luogo in municipio una consultazione tra i membri del comitato organizzatore della festa ed esponenti locali dei partiti, io presente quale segretario sezionale della D.C., per decidere se sospendere i festeggiamenti della sera e del giorno dopo oppure no. Si convenne sull’opportunità di far proseguire la festa, in tono minore, cioè di chiuderla dopo il rientro della processione, rimandando musica e fuochi ad altra data. Valutazioni di qualche ora dopo, fatte dal comitato dei festeggiamenti, sortirono un diverso avviso e la festa continuò regolarmente.

Il giorno 10, alle ore 17 si riunì in seduta straordinaria il consiglio comunale, allargato agli esponenti locali dei partiti. Nel corso della seduta venne messo in luce il ruolo importante svolto da Moro nella vita politica italiana, e fu votato infine, all’unanimità, un documento di esecrazione del crimine e delle brigate rosse. Alle ore 19 in un lungo corteo silenzioso, preceduto da due corone affiancate, una della D.C. e l’altra del Comune, sfilarono insieme, lungo le vie di Vieste, gli appartenenti ai partiti con le loro bandiere e cartelli di condanna di quella follia omicida. Il giro ebbe termine vicino al monumento ai Caduti dove furono deposte le due corone, e a me fu dato di tratteggiare la figura dell’onorevole Moro, il politico di elevata statura, che nell’ora difficile che la nazione stava attraversando, pagava con la vita l’aver creduto nella  forza-valore di un governo di solidarietà nazionale, quale doveva essere quello che stava per costituirsi.

Agnese Moro

Circa trent’anni dopo, il 25 maggio 2009, nel salone adiacente alla chiesa Gesù Buon Pastore, in un affollato incontro promosso dal dirigente del circolo ACLI di Vieste, Giuseppe Clemente,  la figlia  dello statista,  Agnese, illustrerà il suo libro Un uomo così, ricordando mio padre pubblicato nel 2003, ristampato nel 2008, denso di episodi di vita familiare intercalati da accenni alle vicende politiche del tempo.

Queste pagine – ella scrive nell’introduzione – sono nate dal desiderio di far conoscere ai miei figli qualcosa del loro nonno, che non hanno potuto incontrare in questa vita e che sono abituati a vedere riproposto alla televisione nella terribile fotografia da prigioniero delle Brigate rosse o cadavere nel portabagagli di una macchina circondata da persone agitate. Volevo farglielo vedere, invece, così come lo avevo visto io e come mi è rimasto nel cuore”.

Il libro – dirà nella presentazione della ristampa – mi ha portato a girare un po’ per l’Italia, a confrontare i miei ricordi con quelli di altri, a parlare di Aldo Moro e a sentirne parlare (…). Ho incontrato donne e uomini di differenti generazioni, che vivono in diverse parti del nostro Paese, che hanno impostazioni culturali e collocazioni politiche varie.

Mi sono stati regalati momenti della sua vita fuori di casa, episodi  aneddoti. Fotografie.

Da parte mia spero di averlo riportato in qualche modo vivo in mezzo a noi, almeno per un momento”.

C’è chi dice che gl’italiani dimenticano tutto. Ma, dobbiamo credere, non sempre e non proprio tutto, come si riscontra nel libro della signora Agnese Moro e, per quanto ci riguarda, nella serata di Vieste.

Dopo il saluto di Giuseppe Clemente e del dirigente provinciale delI’ACLI, e la presentazione del libro da parte dell’autrice, hanno preso la parola, con me, Matteo Siena, Savina Disanti, Mario Ragno. Il quale ha letto le paginette scritte dal bambino Soldano Leonardo, scolaro di prima elementare, nel compito fatto in classe il giorno dopo la strage della scorta e il rapimento di Moro. Brevi frasi accennanti alle scene che aveva visto alla televisione, terminando con queste parole: (i brigatisti) non tenevano il cuore, non capivano a Gesu, non capivano l’amore”.

I numerosi partecipanti all’incontro, l’attenzione con cui è stata seguita la narrazione, i commenti intercorsi hanno reso testimonianza dell’interesse per Aldo Moro, ancora vivo nella mente e fors’anche nel cuore di tanta gente.  

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Ludovico Ragno

Il Faro settimanale