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VIESTE/ VIAGGIO NEGLI ANNI DAL 1943 AL 2013. GLI ANNI OTTANTA (25)

Il porto, primi atti

La storia del porto in epoca moderna comincia nel 1902, anno in cui con regio decreto la rada di Vieste fu classificata porto di 2^ categoria, 3^ classe. E’ un dato importante, sebbene meramente formale. In pratica fu riconosciuta una condizione naturale, cioè che la zona di mare adiacente alla nostra costa offre ai natanti un relativo riparo dai venti. Nient’altro. Le prime opere portuali, pur senza un progetto generale di porto, furono eseguite nel 1932, “Dietro la Torre”, dove fu banchinato un tratto di spiaggia e costruito un molo di 40 metri. I trabaccoli ebbero un piccolo approdo con un limitato riparo dai venti di levante e scirocco. Una ventina di anni dopo fu prolungato di altri 40 metri circa.

Nel 1964, a conclusione di una lunga e complessa pratica iniziata nel 1953 sostenuta dalla classe politica locale e dalla marineria, il porto di Vieste fu incluso fra quelli nazionali di 1^ categoria, qualificato porto rifugio. In forza di tale classificazione è stato costruito il molo radicato alla punta nord dello scoglio di S. Croce, in tre tempi, tra il 1972 e il 1982, con finanziamenti del Ministero dei Lavori Pubblici, ottenuti anche grazie all’impegno cronologicamente espresso dagli onorevoli Aldo Moro, Vincenzo Russo e Franco Nicolazzi.

Costruito il porto rifugio, ci si rese conto che la sua utilità era limitata, in quanto poteva dare a barche e navi solo riparo nel caso del mare in burrasca, non anche la possibilità di svolgere operazioni connesse con la pesca e il trasporto di merci e di persone. Per queste occorreva il porto commerciale.

La costruzione del porto commerciale

A seguito dell’istituzione dell’ente Regione, tra le competenze ad esse devolute, vi furono anche i porti commerciali. Allo Stato rimasero i porti d’interesse nazionale e di rifugio.

Tra i primi obiettivi dell’Amministrazione Comunale eletta alla fine del 1978 ci fu la costruzione del porto.

A tale scopo venne svolto un minuzioso lavoro politico e amministrativo, fatto di relazioni, incontri, sollecitazioni che convinsero e coinvolsero elementi di spicco della politica regionale e nazionale.

Il 25 maggio 1979 la Giunta Regionale deliberava di affidare agli ingegneri De Cunto e Contento, specialisti di opere marittime, la progettazione del porto commerciale di Vieste. Con una rapidità non comune all’iter dei tempi burocratici di casa nostra, il progetto elaborato percorse in meno di tre anni l’irto cammino dei visti, pareri, esami, approvazione da parte degli organi competenti (Consiglio Comunale e comitati tecnici diversi fino al Consiglio Superiore del Ministero dei Lavori Pubblici). Infine l’appalto del primo lotto di lavori, che venne aggiudicato alla ditta D’Oronzo di Barletta, dell’importo di 2 miliardi e mezzo di lire, finanziati interamente dalla Regione, primo stralcio del progetto generale ammontante a 13 miliardi e rotti.

La posa della prima pietra, con relativa cerimonia inaugurale e concorso di cittadini, ebbe luogo il 29 marzo1982 alla spiaggia di San Lorenzo, presso il punto di radicamento del molo esterno da costruire. Opera, questa, ritenuta prioritaria, poiché, insieme al molo radicato allo scoglio, completava la difesa del bacino portuale dai marosi e dal vento. Un anno dopo ne erano già stati realizzati 400 metri.

Il porto, aspirazione secolare dei viestani, diventava realtà.

Negli anni successivi il progetto fu completato con una crescita della spesa salita a circa 20 miliardi di lire.

Per tutto quanto compiuto in quel decisivo primo tempo, 1979-1982, mi piace testimoniare la disponibilità e la concretezza della classe politica che vi concorse, amministratori locali ed esponenti regionali e nazionali. Particolarmente il ruolo primario svolto dall’avvocato Vincenzo Sorice, assessore regionale ai Lavori Pubblici, l’impegno essenziale degli assessori, pure regionali, Pasquale Ciuffreda, Leonardo Morea e Giuseppe Zingrillo, e l’azione efficace dell’Onorevole Vincenzo Russo a livello ministeriale. Poi, nel prosieguo dei lavori, l’intervento tempestivo e determinante di un altro assessore regionale, Franco Di Giuseppe, che dette il via agli altri finanziamenti per eseguire opere suppletive non previste nel progetto.

Il porto turistico

Con lo sviluppo della nautica da diporto, negli anni 90 si accentuò la richiesta di posti barca nel nostro porto. Alcuni privati avevano attrezzato quattro moli, ma erano insufficienti.

Verso la fine degli anni 90, per merito della Regione e sentitamente per la solerzia degli amministratori comunali, in primo luogo il sindaco Domenicantonio (Mimì in famiglia e per i conoscenti) Spina Diana e il vicesindaco Pasquale Pecorelli, il nostro porto fu incluso tra i 15 porti programmati dalla Regione, e ritagliato e attrezzato entro quello esistente.

E’ uno dei tre porti, insieme a Taranto e Brindisi, giunti a compimento. Nel libro di Mimmo Aliota, Il porto di Vieste, edito nel 2007, che è una compiuta cronistoria del porto nei secoli, sino al “lieto fine” dei giorni nostri, Pasquale Pecorelli racconta il laborioso impegno messo per portare a realizzazione il porto turistico. Vi si legge tra l’altro che ai suoi pontili e in rada si possono ormeggiare una motonave, un aliscafo, 440 barche da diporto, suscettibili di diventare 500 e forse 650, natanti lunghi fino a 70 metri.

Risolte finalmente, nel 2013, le diatribe che ne hanno impedito il funzionamento, ora sono cominciate ad arrivare le prenotazioni per posti-barca da aprile del 2014 in poi e, da quel che si sente dire, anche le domande per poter avviare attività commerciali nei locali ivi esistenti.

Il grande molo esterno, al cui interno sono fissati i pontili, oltre a questo servizio e alla funzione primaria di riparo dai venti, ha pure una valenza panoramica e decorativa del paesaggio. Di sera, illuminato, è uno spettacolo a vedersi. Alla sua punta, giganteggia la statua di San Francesco di Paola, dono del locale Circolo di Cultura “Niccolò Cimaglia”.

Recentemente, è stato demolito il muraglione che si ergeva sul molo, ritenuto non più necessario da quando il riparo al bacino portuale è offerto dal molo radicato allo scoglio e da quello esterno avanti descritto. Ne è risultata una superficie banchinata di notevole ampiezza, che dovrà essere ancora sistemata, a disposizione delle attività portuali e dell’eventuale indotto. Sperabilmente senza la costruzione del programmato mercato ittico, pressoché inutile, data la modesta consistenza attuale dei nostri mezzi da pesca. Avrebbe solo la funzione negativa di togliere in quel punto la vista del mare.

Addio alle colonie estive

Negli anni qui trattati escono dalla scena dell’estate viestana le colonie marine. Nate negli Anni Trenta, sospese durante la guerra, erano state ripristinate nei decenni che seguirono. Insieme con le colonie montane.

Chi vi partecipò, oggi anziano e anziana, allora ragazzino e ragazzina, un piacevole ricordo forse ce l’ha per i bagni sulla spiaggia, le compagnie, i giochi, i canti di quei giorni. Sulle nostre spiagge si vedevano sia i figlioli viestani che i forestieri provenienti dai comuni lontani dal mare, quasi tutti in età delle scuole elementari. Erano contenti tanto i piccoli quanto le loro famiglie. Qualche domenica si vedevano anche dei familiari forestieri che venivano a far visita ai figli e, un po’, a sentire le maestre. I bimbi viestani la sera tornavano a casa mentre i forestieri alloggiavano nell’edificio delle scuole elementari attiguo al municipio. Per finalità scolastiche o sociali, questo edificio è stato da sempre la casa del buon Gesù.

Smesse le colonie marine, i ragazzi, e non solo loro, sono venuti ancora e di più sulle nostre spiagge insieme alle famiglie, col diffondersi del turismo di massa.

Carlo Marx, il mito decaduto

Il 18 marzo – fra quattro giorni – ricorre un compleanno che nella storia politica dell’Europa attuale viene ricordato: il 18 marzo 1990, nella Germania Orientale (DDR), caduto il regime comunista, si andò a votare per eleggere, per la prima volta, la Camera dei deputati composta da due o più partiti in competizione.

Nei giorni precedenti, la nostra televisione, nel dare la notizia dell’avvenimento, aveva mostrato un corteo di berlinesi che attraversava le vie della città innalzando bandiere e striscioni inneggianti alla libertà. Uno di quegli striscioni mostrava l’effigie di Carlo Marx e una scritta che, parafrasando un famoso motto di lui, padre del comunismo, diceva “Lavoratori di tutto il mondo, vi chiedo scusa”. Pennellata irridente alla dissoluzione del comunismo negli Stati dell’est europeo.

Nella stessa sera, un’altra appendice all’avvenimento, mostrava due operai che spingevano una carriola con i busti di due padri del comunismo, Marx ed Engels. Erano diretti in magazzino. Sic transit gloria mundi!

Quella votazione fu la prima e l’ultima della DDR convertita da breve tempo alla democrazia, poiché, pochi mesi dopo, cessò di esistere, entrando a far parte della Repubblica Federale di Germania, che era lo Stato tedesco formato da più regioni, costituitosi dopo la guerra, a regime pluralistico liberal-democratico.

Ludovico Ragno

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Il Faro settimanale