L’epidemia di peste del XIV secolo aveva raggiunto anche il Sud dell’Italia: lo indica l’analisi del Dna dei resti di due uomini, di età compresa tra i 30 e i 45 anni, sepolti nell’abbazia di San Leonardo a Siponto, un importante centro religioso e medico nel Medioevo. Le analisi sono state condotte dai ricercatori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Puglia e Basilicata, coordinati da Donato Raele. I risultati sono stati presentati al Convegno europeo di microbiologia clinica e malattie infettive. Gli autori della ricerca hanno individuato nei denti dei due individui il Dna antico del batterio Yersinia pestis, responsabile della cosiddetta Morte nera, che a metà del XIV secolo uccise fino al 60% della popolazione europea. I campioni di Dna, spiegano gli esperti, hanno evidenziato una grande somiglianza con quello delle vittime della peste precedentemente studiati in altre zone d’Italia: i ceppi di Yersinia pestis erano identici.
“Ci siamo insospettiti quando abbiamo portato alla luce alcune monete del XIV secolo dai vestiti di una delle due vittime. Un aspetto – spiega Raele – che suggerisce che i corpi non erano stati ispezionati per confermare la causa della morte”. Sebbene i casi di peste nera siano riportati in diversi documenti storici, nessun luogo di sepoltura, era stato sottoposto ad analisi del Dna nel Sud Italia. “Non abbiamo ancora compreso l’entità delle diverse ondate della pandemia durante la peste nera nel Sud Italia. Infatti – osserva Raele – il Dna del batterio Yersinia pestis che abbiamo individuato è di circa 300 anni più antico del precedente analizzato dai nostri ricercatori a Foggia, e legato a una fossa comune della fine del 1600. I nostri risultati – conclude – contengono, quindi, dettagli preziosi per comprendere meglio l’entità dell’epidemia di peste in tutta Italia”