Nel 1939 decine di giovani omosessuali vengono incarcerati e poi inviati al confino alle Tremiti, sull’isola di S. Domino. Il risultato sarà, diversamente dai piani del regime, che tuttavia non aveva voluto inserire nel codice penale un articolo specifico che riguardasse le pene da irrogare agli omosessuali, perché scrivere esplicitamente che in Italia vi fossero omosessuali sarebbe stato disonorevole per il mito della virilità del «maschio italiano», la nascita di una variopinta comunità, unita e solidale. È la vicenda che il noto attore e regista di Grottaglie Alfredo Traversa narra nel suo breve racconto 1939. Una vita a dòmino (MdS Editore, pp. 80, Euro 12,90).
Un testo che si legge tutto d’un fiato, scritto con stile semplice ma ricco di riferimenti e di affondi delicati e pur realistici e dolorosi sia alla storia personale dei personaggi che lo animano, che sono paradossalmente a-fascisti e comunque politicamente poco caratterizzati, sia a quella più generale degli artifici illusori e delle stupide mistificazioni delle «verità» delle dittature.
«Ii libro – ci dice Traversa – nasce come idea alcuni anni fa o meglio nasce come soggetto cinematografico che avevo inviato a molte case cinematografiche, ma che non ha riscontrato, purtroppo, alcun interesse, mentre avrebbe, a mio avviso, tutte le caratteristiche dei film della commedia all’italiana e, visto il soggetto, una risonanza condivisibile soprattutto oggi». L’autore l’aveva fatto leggere a Pupi Avati, che l’aveva particolarmente apprezzato per lo spunto narrativo molto forte e per la coralità delle vicende, oltre che ad Antonella Gaeta ed Egidio Pani, che l’hanno sollecitato a realizzare, almeno per ora, la sola impresa editoriale.
«Mi ha incuriosito molto – prosegue Traversa – l’oblìo, con rare eccezioni, che questo fatto di un’isola per soli omosessuali ha subito fino ai nostri giorni; e soprattutto mi ha appassionato perché sono pugliese e se scrivo ogni tanto delle storie lo faccio solo intorno ad avvenimenti della mia terra, come nel mio Santa che voleva solo vivere (2013) su Santa Scorese o L’ultimo Pasolini (2015) sul sequestro a Grottaglie del suo ultimo film».
Un prezioso esercizio della memoria, dunque, quello che questo libro riesce a sollecitare.
«Sì, ma spero che quanto scrivo riesca ad affascinare il lettore che desideri domandarsi se qualcosa è cambiato dal 1939 e cosa, se siamo una o più vite e siamo disposti ad aprire la nostra vita e il nostro percorso umano agli altri; di qui il sottotitolo, una vita a dòmino…».