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L’ATLETICO VIESTE IN LUTTO. E’ MORTO MICHELE MUSCETTOLA. UNO DEGLI STORICI FONDATORI E PRESIDENTE

Aveva 83 anni. Domani alle 16,00 i funerali nella chiesa S. Croce.

Michele Muscettola

Muscettola fu il primo storico cassiere dell’Atletico Vieste (ma dal 1975 al 1981 fu presidente, anche se c’è chi sostiene che in fondo presidente lo sia sempre stato) e Troia il secondo, ma prima presidente….

Cose viestane: Leonardo Vescera presentò l’iscrizione al campionato, ma prima d’iniziarlo si dimise proprio per incompatibilità di vedute con alcuni consiglieri tra questi vi era proprio Muscettola. “Così per acclamazione, fu lui che si propose – ebbe a dire  Muscettola anni dopo – eleggemmo Tonino”. Se Michele Muscettola somiglia all’antica moneta del fascio, Antonio Troia detto Tonino Irrose, potrebb’essere un buono… del tesoro (quelli, però, che non si svalutano). Michele sarebbe potuto diventare podestà in un comune medievale, o mecenate in una signoria (è nato a Monte Sant’angelo, ma poteva nascere benissimo a Predappio) il secondo, avrebbe fatto il condottiero, al soldo di se stesso. Comunque mai avrei immaginato un giorno di scrivere qualcosa su di loro. Vada per Tonino: è stato il mio secondo datore di lavoro. Dopo Sandro Troiano a Pugnochiuso nel 1967, nell’estate del 1970 mi prese come aiutante bagnino alla Baia delle Zagare. Ma di Muscettola no! Voglio dire Tonino era un “buono del tesoro”. Muscettola no! Era uno tosto. Difficile scardinarlo. Quando aveva deciso era quello e basta. Sì, mai lo avrei immaginato! Michele e Tonino hanno, almeno esteriormente, poco – o molto, dipende dai punti di vista – in comune. A unirli la passione per il calcio e per l’Atletico in particolare. A dividerli, tutto il resto.
Michele figlio dell’economia: prima collettore, esattore poi cassiere bancario. Non poteva non nascere com’è nato. Giunse a Vieste nel 1963, e non poteva non diventare ciò ch’è diventato: rispettato, temuto e forse invidiato. «Ragioniere» per antonomasia, qualunque cosa facesse nel calcio – e ne ha fatte tante -, qualunque cosa dicesse o decidesse  – metteva a rumore l’ambiente. I consiglieri in società lo blandivano, anche se non ne condividono le idee, ammesso che le sue, giuste o sbagliate, potessero esser condivise. Sapeva di avere del potere e lo esercitava, eccome, pur delle volte non avendone l’aria, ch’è il modo più sottile e abile d’usarlo. Aveva sempre in tasca dei soldi e qui si differenziava dal Duce che mai aveva una lira in tasca. Ma sapeva come usarli: “La storia dei calciatori viestani è risaputa e non è una leggenda – mi confidò anni dopo – non sono mai stati affidabili. Mi accusano di aver allargato la borsa e preso tanti mercenari. Ma potrei scrivere un romanzo sui ricatti ricevuti da tanti, troppi viestani. Non avevamo altra scelta, del resto se devi vincere un campionato ti devi preparare e devi essere puntuale agli appuntamenti”. Con Michele non era di rado scontrarsi e ci battei il muso pure io. A Trani, al termine del primo tempo negli spogliatoi trovai disdicevole che mercenari di Manfredonia con in testa un certo Brigida potessero sciacquarsi la bocca, insultandoci e minacciandoci. Stavamo soccombendo per uno a zero. Loro erano in tanti e fu facile riversare su di noi viestani la colpa del risultato. Ma il motivo vero era che non erano forti tanto da fare la differenza. Non erano giustificati tutti quei soldi per loro. Del resto se erano “buoni” si sarebbero accasati dalle loro parti risparmiandosi tutto quei chilometri per venire a Vieste. Ma sapevano di essere indispensabili e a modo loro dovevano darsi un tono. La solita storia. Con la scusa che giocavano sempre in trasferta prendevano più soldi dei viestani, molto di più. Sgomberiamo ogni falso moralismo. I bravi è giusto che vengono strapremiati ed è altrettanto giusto che i viestani non attaccati ai colori venissero strapuniti. Ma le bandiere sono dell’avviso non si toccano mai! Al di là dell’episodio personale ritengo che bisogna far sempre di tutto per conservare e difendere gli equilibri interni allo spogliatoio. Era anche vero che per motivi generazionali tanti di noi non c’erano più. Bisognava comunque mettere su una squadra. Il periodo, come si dice, era di transizione. Naturalmente massacrai di epiteti ed insulti Brigida & Company. Muscettola saputo dell’episodio non fece una grinza e questo mi imbufalì non poco. I principi sono principi a casa mia non tolleravo che venissero a comandare dei “forestieri”, per giunta neanche di primissima qualità. Era il periodo del militare con quella scusa e senza polemiche mi allontanai dalla società, non senza rammarico, prima che dalla squadra. Anni dopo, come nei miglior film di Frank Capra che terminano sempre  con lo sprizzo di bontà ci rincontrammo. E scoprii che Muscettola il duro, il duce, il particolare, il meticoloso, abituato a comandare non era altro che una persona refrattaria al branco. Non penso che diventerà mai un santo. Ma mi sembrò il Conte di Dorincourt del mitico romanzo Piccolo Lord di Frances Eliza Burnett, vecchio lupo solitario segnato dalla vita. Duro e misantropo che si trasforma in un uomo sereno, felice dall’immenso affetto che prova verso i suoi ex giocatori capace di gesti di altruismo. Non è mai stato uomo da mezzi toni, Michele, né da mezzi termini, né da mezze misure. Dubito che Muscettola abbia mai dubitato della propria missione e vacillato nella propria fede. Se ne abbia avuta più in Mussolini, Almirante, Vincenzino Caruso o Tonino Irrose, ma certamente cieca l’ha avuta nell’Atletico. Se Tonino non stava mai fermo, Michele si muoveva solo se necessario. Se Tonino era sempre in vetrina, Michele stava dietro il banco-scrivania. Se Tonino lanciava sfide, Muscettola  scendeva in lizza. Se Tonino dichiara guerra, Michele le combatteva (….)

Ecco perché Muscettola il duce e Tonino Irrose andavano d’accordo. Quella coppia, insomma, a dispetto di tante differenze, o, forse, proprio per queste, era affiatata in un compiuto gioco delle parti.  

Michele Muscettola e Tonino Troia, nella storia dell’Atletico, insomma un posto gli spetta di rigore.

ninì delli Santi

Da Campanile sera. All’alba dell’Atletico Vieste

Il mondo sportivo viestano perde in intelligenza e ironia.
E’ una giornata piena di dolore questa. Le condoglianze anche dalla redazione di ReteGargano
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