Qualche giorno fa entrando nel mio paese, Carpino, ho avuto un colpo al cuore. Sono spariti i fichi d’india!
Sarà che ho uno spirito romantico o che l’età va avanti, sarà che sono un nostalgico dei segni del passato, delle “cose vecchie”, ma tant’è.
Insomma, una delle immagini che da sempre ha caratterizzato l’ingresso di Carpino è scomparsa, annientata, kaput!
Quella fila infinita di fichi d’india accoglieva e salutava i visitatori, lasciandoli sorpresi per la vista particolare e quel cartello “Carpino” che vi spuntava in mezzo. Pensate che la vista dei fichi d’india era spesso citata negli incipit degli articoli di giornale, o copertina di foto e video-reportage realizzati da coloro che approdavano, casualmente e non, a Carpino.
Ma è necessario andare più a fondo.
E’ stato distrutto un elemento identitario del paesaggio e della cultura agro-pastorale di Carpino, un elemento testimone dei tempi in cui attorno ai campi si piantavano piante da frutto per il sostentamento.
![](https://www.retegargano.it/wp-content/uploads/2022/03/fichi-dindia-carpino-1.jpg)
Probabilmente un’identità di cui si ha vergogna, che si vuole nascondere perché ora arriva la modernità: proprio accanto è stato realizzato un eliporto e sta per essere ultimato il terminal autobus (in campagna e lontano dal paese, sarà necessaria una navetta). Che poi, a voler essere complottisti e paranoici, sembra una precisa strategia di annientamento dell’identità carpinese: scompare il festival, “qualcuno” si porta via i cantori anziani, le vie del centro storico vengono piastrellate di orribili pietre (le chiamano scorze), ci mancavano i fichi d’india.
Scherzi a parte, mi si dirà che era necessario realizzare il marciapiedi per collegare la zona al paese, che questo è il progresso, che bisognava aumentare la sicurezza della strada, che Carpino, finalmente e dopo tanti anni di abbandono, ha visto il realizzarsi di tante opere necessarie etc. etc.
Ma io sono romantico, che ci volete fare…e pensare che nemmeno mi piacciono i fichi d’india!
Intanto conto sulle dita di una mano quelli della classe ’88 rimasti in paese.