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MANCANO I LAVORATORI STAGIONALI. IL TURISMO ESTIVO PARTE CON IL FRENO

Ne ha discusso il gruppo tecnico di Confindustria Puglia. La proposta: «Ridurre i contributi e aumentare gli stipendi»

L’allarme è già risuonato, è successo venerdì sera in una riunione del gruppo tecnico di Confindustria Turismo. Come l’anno scorso, anche per la prossima estate le aziende dovranno fare i conti con la penuria di lavoratori stagionali da assumere. Le prime ricerche sono cominciate, soprattutto da parte di hotel e gestori di terme.

Tutti fanno fatica a reperire lavoratori con mansioni da lavapiatti, camerieri, addetti all’accoglienza, aiuti cuoco. All’incontro, coordinato da Massimo Salomone di Confindustria, sono stati invitati gli assessori Gianfranco Lopane (turismo) e Alessandro Delli Noci (sviluppo economico).

Ha partecipato la pugliese Marina Lalli, responsabile nazionale di Confindustria Turismo. Qualcuno degli imprenditori ha scherzato («andremo noi a portare vassoi tra gli ombrelloni») ma la questione è seria.

Soprattutto perché il mercato turistico pugliese ha un forte andamento stagionale: registra un picco altissimo durante l’estate, con forte richiesta di manodopera, ma poi poco o niente negli altri mesi dell’anno.

«Per bene che vada – riconosce Salomone – uno stagionale lavora per non più di 6-7 mesi l’anno. Il reddito di cittadinanza, che è stato un fattore di equilibrio nella fase del Covid, rappresenta un problema. Ci sono persone che lo preferiscono ad un lavoro intenso ma appunto stagionale». Ma c’è un altro aspetto che, secondo Salomone, disincentiva la ricerca di occupazione. «I contratti dei lavoratori stagionali – dice – sono gravati da notevoli quote di fisco e contributi previdenziali. Bisognerebbe alleggerire questa parte per mettere più soldi nella busta paga del lavoratore».

Per Francesco Caizzi, presidente di Ferderalberghi Puglia, la questione è diventata «endemica». «In più – aggiunge – vanno segnalate due questioni.

La prima è i giovani sono discontinui, si sono conformati ad una concezione precaria del lavoro». Non è colpa loro, andrebbe aggiunto. La seconda questione attiene alla formazione. «L’ho notato – racconta l’imprenditore – quando mi è capitato di seguire l’apprendimento sul campo di ragazzi di 18-19 anni. Dopo il covid sembrano meno capaci ad affrontare l’interlocuzione diretta con il cliente: fanno fatica, non c’è dubbio». Il che segnala la necessità di migliorare la formazione. L’assessore Lopane ha già assunto l’impegno. «Con le misure della nuova programmazione dei fondi europei – promette – dovremo migliorare la formazione degli addetti».

La guerra in Ucraina, va aggiunto, ha provocato solo lievi ripercussioni al comparto. «Non ci sono disdette – dice Salomone – ma gli operatori segnalano un calo delle prenotazioni, anche per la vicina Pasqua». «Problema relativo – riflette Caizzi – perché da anni è cambiato il momento e la modalità delle prenotazioni: non si fanno più con molto anticipo».

Con l’auspicio che il conflitto cessi al più presto, tutti sostengono che, per ora, non si avvertono segnali di allarme sugli arrivi attesi. Ma la guerra potrebbe avere un altro effetto sugli hotel. Sono in corso interlocuzioni tra la Protezione civile regionale e i rappresentanti degli albergatori. Potrebbe essere stipulata una convenzione quadro per garantire l’alloggio e il vitto ai profughi in arrivo in Puglia (finora ne sono arrivati 1.200).

Riguarda, come noto, prevalentemente donne e bambini. La tariffa sarebbe prestabilita: 60 euro più Iva procapite al giorno per la pensione completa; 35 più Iva per letto e colazione. Confindustria ha già ottenuto disponibilità tra i suoi associati per un migliaio di stanze. A pagare sarebbero i Comuni, che poi sarebbero rimborsati dalla Protezione civile. In altre Regioni (Lombardia, Lazio, Emilia Romagna) la convenzione è stata già firmata. In Puglia ancora no, si vedrà nei prossimi giorni.

corrieremezzogiorno