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PADRE PIO E GLI “ARDITI” TRA ACCUSE E FALSI SCOOP

Padre Pio era con gli “arditi neri” al massacro di San Giovanni». Con questo titolo il quotidiano socialista Avanti! del 2 aprile 1961 ricostruiva l’eccidio di San Giovanni Rotondo del 14 ottobre 1920.

L’articolo a firma di Giancarlo Smidile veniva scritto nel pieno della “seconda persecuzione” contro Padre Pio, allora accusato di immoralità, affarismo e superstizione, posizione sostenuta da alcune autorità religiose e da una parte dell’opinione pubblica.

In risposta alle accuse dell’Avanti! era intervenuto, 27 anni dopo, lo storico don Giosuè Fini con la pubblicazione “Precisazioni sull’eccidio di San Giovanni Rotondo del 14 ottobre 1920”. La ricerca di Fini partiva dalla necessità di chiarire una volta per tutte l’estraneità di Padre Pio in quella tristissima vicenda.

Rispetto ai fatti del 1920, toccò a Giosuè Fini stabilire la verità storica contro le presunte calunnie dei socialisti, che vedevano in Padre Pio l’ispiratore di un gruppo politico denominato gli ‘Arditi di Cristo”, allora accusati in parlamento dal deputato Michele Maitilasso di aver provocato i manifestanti costringendo così le forze dell’ordine a sparare contro la folla inerte.

In realtà, gli Arditi di Cristo contraddistinti da un “gagliardetto nero con lo stemma pontificio” non sono mai esistiti. A quel tempo, spiegherà lo storico Raffaele Ma-scolo, vi erano i cosiddetti Arditi d’Italia, un gruppo nato in seno alla sezione Mutilati e Combattenti che portavano un gagliardetto nero. Dunque, nessun partito di Padre Pio, né tanto meno la sua presenza o partecipazione alla manifestazione di piazza del 14 ottobre.

«Ero uno studente del seminario serafico del convento di San Giovanni Rotondo, allora diretto da Padre Pio», raccontava al cronista il compianto Matteo Mangia-cotti (è morto nel febbraio del 1999), console emerito a New York e direttore generale del Ministro degli Esteri. Aveva incontrato Padre Pio nel 1918, pochi mesi prima della sua stimmatizzazione, ed era rimasto allora sorpreso nel vedere quel giovane soldato appena congedato dall’ospedale di Napoli vestire l’abito cappuccino.

«La mattina dell’eccidio ero anch’io in piazza Municipio per quella che sembrava una giornata di festa con la banda musicale venuta dalla vicina San Marco in Lamis», è il racconto del console Mangiacotti. E continua: «Quando all’improvviso ho sentito colpi di arma da fuoco e visto gente che scappava terrorizzata, istintivamente mi sono diretto verso il convento correndo come un forsennato. Padre Pio era vicino l’olmo del piazzale e pregava intensamente. Piangendo mi sono rifugiato nel suo abbraccio cercando di raccontargli quanto stava accadendo m paese. Lui stringendomi forte: “Preghiamo, perché non sanno il male che stanno facendo”, mi diceva mentre si udivano ancora in lontananza gli spari sordi dei fucili».

All’epoca dei fatti, Padre Pio era già al centro di un’intensa devozione popolare ed era conosciuto per la sua fama di santità più che per le stimmate, comparse solo tre settimane prima alle mani, ai piedi e al costato. Tra i devoti vi erano i reduci di guerra, che già nell’estate di quello stesso anno erano stati in prima linea quando si è trattato di sventare un primo tentativo di allontanare il frate da San Giovanni Rotondo.

Un legame speciale che si spiegava con la miracolosa guarigione della moglie del presidente della Sezione Mutilati, Michele Mondelli, ma più di ogni altra considerazione con l’amore disinteressato dei sangiovannesi per il monaco santo Padre Pio, che aveva chiesto ai superiori di poter restare a San Giovanni Rotondo, perché lì doveva realizzarsi un disegno che la Provvidenza aveva scritto per lui.