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QUARTA MAFIA/ SILVESTRI UCCISO PER VENDICARE IL COGNATO DI RADUANO. BAFFINO SENIOR SVELA IL PATTO TRA I CLAN. LE RIVELAZIONI DEL PENTITO ANTONIO QUITADAMO: DAI VIESTANI 10MILA EURO MENSILI AL GRUPPO ROMITO-RICUCCI-LOMBARDI.

Il montanaro Giuseppe Silvestri fu uc­ciso per vendetta dopo l’omicidio del co­gnato del boss viestano Marco Raduano. I viestani avevano chiesto aiuto al clan Romito-Ricucci-Lombardi e si accorda­rono per pagare 10mila euro al mese. Francesco Scirpoli prese il comando a Mattinata dopo la morte di Romito.

Sono le prime, importantissime dichiara­zioni rese agli inquirenti dal pregiudicato mattinatese Antonio Quitadamo, alias Baffino senior, l’ultimo personaggio della mafia garganica ad aver deciso di colla­borare. A pochi mesi di distanza dal penti­mento del fratello minore Andrea, anche il 47enne ha iniziato a parlare. Si trova in carcere da tempo, da ultimo per l’implica­zione nella maxi operazione antimafia Omnia Nostra di dicembre 2021.

Antonio Quitadamo è stato a Mattinata uno dei capisaldi della costola locale del clan Romito-Ricucci-Lombardi, insieme a Francesco Scirpoli, all’assassinato Fran­cesco Pio Gentile (cugino di primo grado del boss Mario Luciano Romito) e a Francesco Notarangelo, detto Natale. La valenza criminale di Antonio Quitada­mo era perfettamente nota sia ai suoi fa­miliari che al resto del paese, come dimo­strano le numerose intercettazioni raccol­te dagli inquirenti e finite nelle carte di Om­nia Nostra.

E, a differenza del più giovane Andrea, Baffino senior ha una conoscenza molto più completa e datata dei fatti della mafia garganica: gli inquirenti sono convinti che possa far luce su questioni degli ultimi trent’anni, dunque relative anche al perio­do, antecedente alla scissione, in cui i Montanari (Libergolis) e il clan Romito era­no tutt’uno.

Ecco perché le aspettative sulle sue di­chiarazioni sono altissime da parte degli inquirenti e al contempo spaventano enor­memente i clan garganici, da Manfredonia a Monte, a Vieste.

Ebbene, Antonio Quitadamo è stato inter­rogato lo scorso 2 maggio negli uffici del ROS dei Carabinieri a Bari dal pm Ettore Cardinali della Direzione Distrettuale An­timafia, nell’ambito del procedimento pe­nale in Corte d’appello per l’omicidio Sil­vestri, con il boss Matteo Lombardi (montanaro ma residente a Manfredonia) con­dannato all’ergastolo in primo grado. Qui­tadamo ha spiegato di aver deciso di col­laborare per dare un futuro ai propri figli “al di fuori dal contesto criminale in cui ho vis­suto”.

Ha ammesso di far parte del clan Romito- Ricucci-Lombardi dal 2007-2008. Il grup­po operava su Mattinata, Manfredonia, Vieste, Monte Sant’Angelo e San Marco in Lamis. Baffino ne ha ricostruito la mappatura. Su Mattinata c’era lui col fratello Andrea, Francesco Pio Gentile detto Passaguai, Francesco Notarangelo detto Natale, Francesco Scirpoli detto il lungo, “oltre a Michele Silvestri che aiutava all’occorrenza”.

Su Monte Sant’Angelo c’erano Pasquale Ricucci, detto Fic secc o Filippo, e Matteo Lombardi, detto u carpines o cumba Mat­teo, con ruoli di comando. Poi Antonio Renzulli detto il siciliano, Pietro La Torre detto pi-pi, Michele e Leonardo D’Ercole. Su San Marco in Lamis c’erano Luigi Ferro, Giuseppe Gravina e fino al 2016- 2017 c’erano i fratelli Tommaso e Ange­lo Martino.

Su Manfredonia c’erano Mario Luciano Romito, Franco Romito, entrambi dece­duti, e Michele Romito, “che conosco per­sonalmente”. La frase successiva detta da Baffino senior è stata coperta da omissis. Baffino ha rimarcato che Matteo Lombar­di era legato ai Romito e che su Manfre­donia c’era anche suo figlio Michele Lom­bardi. Con Mario Luciano Romito c’erano anche Bruno Renzulli e Mario Scambi­no, zio di Pasquale Ricucci, Giuseppe Pio Impagnatiello detto Zurigo, Catello Lista. Leonardo Ciuffreda, invece, a det­ta di Quitadamo non fa parte del clan.

Su Vieste dalla morte del boss Angelo Notarangelo, detto Cintaridd, c’erano Marco Raduano, con Vescera, Omar Trotta, Giorgio Quitadamo suo suocero, Gian­piero Vescera cognato di Raduano, Gianluigi Troiano, Girolamo Perna det­to peppa pig e Danilo Pietro Della Malva. Baffino ha affermato che Raduano e Della Malva entrarono a far parte del clan dopo l’omicidio di Gianpiero, cognato di Radua­no, nel 2016.

L’omicidio avvenne durante un periodo di detenzione di Raduano in carcere a Lec­ce. Dopo quel fatto, Raduano andò a chie­dere aiuto a Pasquale Ricucci, per il trami­te di Danilo Pietro Della Malva.

Il neo pentito ha affermato che a quel pun­to sarebbe arrivata la richiesta al gruppo di Mattinata e in particolare a lui, Francesco Gentile e Francesco Scirpoli. Un supporto respinto. L’incontro è avvenuto in contra­da Salerno presso l’Atlos di Della Malva. Stando alla versione di Baffino, dopo la sua liberazione dal carcere di Lecce, Ra­duano si è rivolto a Ricucci che gli ha dato piena disponibilità in cambio di 10mila eu­ro al mese come forma di “messa a dispo­sizione”.

Cinquemila euro erano per il gruppo di Macchia e cinquemila per il gruppo di Mat­tinata.

Com’è noto, a Vieste era in atto una guer­ra di mafia tra Raduano e Perna, con que­st’ultimo affiliato ai Li Bergolis e in partico­lare ad Enzo Miucci, l’attuale capo dei Montanari. All’inizio, del gruppo di Vieste c’erano solo Marco Raduano, Danilo Del­la Malva e Giuseppe Della Malva, Antony Azzarone, che Quitadamo ha dichiarato di non conoscere personalmente.

Al pm ha raccontato che Giovanni Surano prima vendeva la droga per i Della Mal­va, poi l’ha venduta per Raduano, cosa di cui gli avrebbe parlato in cella Giuseppe Della Malva. Del gruppo di Vieste faceva parte anche Hdoueich Hechmi che par­teggiava per Della Malva. Le armi che ave­vano erano a disposizione di tutti gli asso­ciati.

Quitadamo ha aggiunto che dopo la mor­te di Mario Luciano Romito su Mattinata gli è subentrato Francesco Scirpoli, mentre su Manfredonia il clan era retto da Ricucci e Lombardi.

Il gruppo si occupava di rapine a portavalori, droga, estorsioni, appalti anche su la­vori pubblici, questi ultimi soprattutto gra­zie a fratelli D’Èrcole, Lorenzo, Antonio e Leonardo.

Baffino ha ammesso che “il gruppo ha commesso numerosi omicidi”.

A questo punto il pm Cardinali gli ha chie­sto dell’omicidio di Giuseppe Silvestri, det­to l’Apicanese, avvenuto il 21 marzo 2017. Per Baffino senior a commettere l’omicidio sarebbero stati Marco Raduano e Matteo Lombardi per vendicare la morte di Gian­piero Vescera.

Uno tra Luigi Ferro e Francesco Pio Gen­tile sarebbe stato l’autista. Silvestri fu assassinato nella sua Monte Sant’Angelo, con due calibro 12, all’uscita di casa sua, di mattina. “Lo aspettavano lì perché andava a mungere le vacche. E’ stato ucciso per aver dato il colpo di grazia a Gianpiero Vescera. Questi, dopo esse­re stato colpito da Matteo Pettinicchio, era riuscito a scappare. Fu proprio Silvestri a finirlo”, ha spiegato Quitadamo. “L’omici­dio è stato commesso per fare un piacere a Raduano che era entrato a far parte del nostro gruppo un paio di mesi prima, ov­vero dopo l’uscita dal carcere di Lecce”. Quitadamo ha detto di aver conosciuto Raduano a febbraio del 2017 quando si stava sottraendo alla sottoposizione della sorveglianza e che a portarglielo furono Ricucci, Lombardi e La Torre. Dell’omicidio Silvestri Quitadamo avrebbe appreso da Francesco Pio Gentile, la mattina stes­sa. Dopo alcuni giorni, Ricucci disse a Baffino chi fosse stato, indicandone in Ra­duano e Lombardi gli autori. Quitadamo ha dichiarato che Silvestri era legato a Miuc­ci e che Ricucci e Lombardi avevano un le­game di “fratellanza”.

Baffino ne parlò con Raduano durante la sua latitanza a Vieste da Emanuele Finaldi,il giorno prima dell’omicidio di Omar Trotta. “Fu lui a confermarmi di aver com­messo l’omicidio di Silvestri e a indicarmi che la vittima successiva sarebbe stata Trotta sempre perchè li riteneva coinvolti nell’omicidio di suo cognato Giampiero”, ha detto agli inquirenti. Due intere pagine con le successive dichiarazioni rese da Quitadamo sono state secretate dalla Pro­cura della DDA.

l’attacco