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MAFIA GARGANO, I PENTITI INGUAIANO IL BOSS LOMBARDI E IL SUO FEDELISSIMO. “SILVESTRI UCCISO PER UNA VENDETTA”

Processo d’Appello a Matteo Lombardi, capo del clan omonimo, condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio dell’Apicanese. Sentiti i due “Baffino” di Mattinata, da mesi collaboratori di giustizia.

Battute finali per il processo di secondo grado a Matteo Lombardi alias “A’ Carpnese” e ad Antonio Zino, rispettivamente boss e sodale del clan Lombardi-Ricucci-La Torre attivo tra Manfredonia, Macchia, Mattinata e Vieste. Lombardi è stato condannato in primo grado all’ergastolo, ritenuto organizzatore ed esecutore materiale dell’omicidio di mafia di Giuseppe Silvestri detto “l’Apicanese”, membro del clan rivale Li Bergolis-Miucci-Lombardone. Il giorno dell’omicidio, consumatosi all’alba del 21 marzo 2017, i due imputati si sarebbero recati a Lodi per partecipare ad un’asta nel tentativo di crearsi un alibi. Ma i giudici del Tribunale di Foggia non credettero a questa tesi infliggendo l’ergastolo al boss e tre anni a Zino. A dicembre scorso i due sono stati arrestati anche in “Omnia Nostra”, maxi operazione antimafia contro il clan del “carpinese”.

Oggi in Corte d’Assise d’Appello di Bari (Lombardi era collegato dal penitenziario di Voghera) sono stati sentiti i due pentiti di Mattinata Antonio e Andrea Quitadamo detti “i Baffino”, ex membri del gruppo Lombardi-Ricucci-La Torre. I due – in videoconferenza da località protette – hanno confermato il contenuto dei rispettivi verbali di interrogatorio avvalorando l’impianto accusatorio dei magistrati dell’antimafia.

È stato sentito anche Marco Raduano detto “Pallone” o “Woolrich”, capoclan di Vieste alleato di Lombardi. L’uomo, detenuto a Nuoro per una serie di reati, anche lui coinvolto in “Omnia Nostra”, ha negato qualsiasi conoscenza e non ha dato alcuna informazione utile alla procura.

Secondo i “Baffino” Raduano avrebbe preso parte all’omicidio Silvestri in prima persona: “A commettere l’omicidio sono stati Raduano e Matteo Lombardi per vendicare la morte di Gianpiero Vescera (cognato di Raduano, ndr). Non so chi tra Ferro e Gentile fosse l’autista – si legge nel verbale firmato da Antonio Quitadamo -. È stato sparato a Monte Sant’Angelo, con calibro 12, all’uscita di casa sua, di mattina. Lo aspettavano lì perché andava a mungere le vacche. È stato ucciso per aver dato il colpo di grazia a Vescera; questi, dopo essere stato colpito da Matteo Pettinicchio (braccio destro del reggente dei Li Bergolis, Enzo Miucci, ndr), era riuscito a scappare. Fu proprio Silvestri a finirlo. L’omicidio è stato commesso per fare un piacere a Raduano che era entrato a far parte del nostro gruppo un paio di mesi prima”. Prossimo appuntamento in aula a gennaio, poi discussione, repliche e sentenza. L’Appello dovrebbe chiudersi entro febbraio 2023.

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