Il mese di ottobre 2022 è stato segnato da temperature eccezionalmente elevate. Lo confermano i dati elaborati dai meteorologi, il più caldo che sia mai stato registrato in Italia. Con un’anomalia di +2.2°C il mese ha superato il record precedente, registrato nel 2001 con +2°C sopra la media. È mancato all’appello il 64% delle precipitazioni tipiche del mese e l’ottobre 2022 si classifica ai quinto posto tra i più siccitosi dall’inizio delle registrazioni. Caldo e siccità hanno finora dominato tutto il 2022. Anche i primi giorni di novembre sono stati particolarmente caldi e questo clima ha determinato uno stravolgimento dei cicli della natura. Alcune piante sono in piena fioritura, come se fossero in primavera ma con l’approssimarsi di temperature più vicine alle medie stagionali il rischio è quello di un danno alle produzioni dell’anno prossimo.
Lo conferma Pino Lonigro, imprenditore agricolo foggiano e politico, noto perla sua osservazione attenta dei campi del Tavoliere e l’attività nel settore.
“I nespoli sono in fiore, dovrebbero esserlo a marzo, a questo punto dell’anno invece dovrebbero essere in letargo. I fiori presenti oggi con il freddo in arrivo geleranno e sicuramente non avremo il frutto il prossimo anno – sottolinea Lonigro -. In altre parole quello è un frutto perduto. Senza contare la sofferenza della pianta stessa, che in questo momento dovrebbe riposare ed invece, percependo temperature primaverili, ha ripreso a germogliare. Questa situazione non è affatto benefica per gli alberi ma non incide solo sulle piante da frutto, il problema sta riguardando anche le produzioni di verdure e ortaggi che stanno accelerando il ciclo vitale rispetto al normale. Broccoletti, cavoli e altro, sono stati piantati, a seconda delle varietà, a scalare, in modo che di settimana in settimana si può raccogliere prodotto fresco ma hanno accelerato la crescita e sono già tutti pronti, con largo anticipo. Questo fa si che oggi abbiamo un’offerta di gran lunga superiore alla domanda, con conseguente crollo dei prezzi mentre tra un paio di mesi ci sarà carenza di prodotto. Qualcheduno si sta avventurando persino a conservare nelle celle frigorifere i raccolti ma questo comporta costi dell’energia più aiti senza peraltro avere la garanzia che quel prodotto sarà poi buono una volta immesso sul mercato, con il rischio che vada al macero”.
Grandi difficoltà determinate dal caldo fuori stagione si stanno verificando anche nel comparto vitivinicolo e olivicolo. “Abbiamo avuto qualche serata di nebbia, quella umidità sui grappoli la mattina, con 27-30 gradi al sole li ha praticamente cucinati. Le olive sono invece state attaccate dalla mosca, che si è propagata in maniera notevole, ragion per cui quest’anno non avremo in generale una buona qualità d’olio ed in certe zone del Gargano metà delle olive sono cadute a terra prima di poter essere raccolte; quanto all’olio, si potrebbe registrare un tasso di acidità più alto del normale. In generale avremo una riduzione di produzione determinata dalla siccità”. In sintesi, i cambiamenti climatici si sentono anche dal punto di vista economico sui comparto agricolo. “Purtroppo le condizioni climatiche non sono governabili e non possiamo fare nulla per prevenirne i possibili effetti negativi sulle produzioni, del resto l’agricoltore è da sempre soggetto ai capricci del tempo. Si tratta peraltro di fenomeni ciclici, caldo, gelate, piogge, siccità e quant’altro: siamo sotto al cielo.
Se ne parla già dagli anni Ottanta, quando da noi ha iniziato a venir meno l’acqua. Si parlò di vasche, riserve, invasi; nelle aziende si è cambiata la metodologia di irrigazione e arrivarono i primi impianti a goccia. Si parlava già all’epoca di desertificazione del Sud e della Puglia. Trovo che questo sia il tema più importante oggi: assicurare con continuità l’acqua all’agricoltura, che non può vivere di alti e bassi. Anche su questo è necessario passare dalle parole ai fatti e iniziare a realizzare le infrastrutture che servono. Innanzitutto dighe ma anche un sistema di recupero delle acque piovane, è inammissibile che le grandi quantità di pioggia che cadono ormai in pochi minuti durante le cosiddette bombe d’acqua finiscano in mare quando potrebbero essere conservate ed utilizzate all’occorren-za nei campi. Stesso discorso per le acque nere, che opportunamente trattate e bonificate, potrebbero essere utilizzate nell’irrigazione quanto meno degli alberi”.
A tal proposito c’è chi propone di sostituire le coltivazioni tradizionali con varietà più adatte a climi aridi. Idea che però non convince Lonigro: “Dalle nostre parti da sempre abbiamo temperature gradevoli anche fino a dicembre, i mesi freddi qui sono quasi sempre da dicembre a febbraio; quindi, non credo dovremo per questo cambiare le nostre produzioni. Piuttosto questo rischio si corre per la mancanza di manodopera specializzata. Senza uomini che si occupano di specifiche mansioni, come potatura e raccolta a mano, si dovrà andare inevitabilmente verso la meccanizzazione e per questo servirà modificare le colture”, ha concluso Lonigro.
l’attacco