La Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi del capo clan viestano Marco Raduano e di due conterranei condannati a complessivi 31 anni e 6 mesi dalla Corte d’appello di Bari per droga e armi.
Diventano quindi definitive le condanne a 19 anni di Raduano, 40 anni, detenuto da 5 anni, al vertice dell’omonimo clan coinvolto nella guerra con i rivali del gruppo Perna-Iannoli che dal gennaio 2015 all’estate 2022 ha contato dieci morti ammazzati, una lupara bianca, sei agguati falliti, tra cui uno proprio ai danni di Raduano; a 9 anni e 2 mesi di Gianluigi Troiano, 30 anni, presunto braccio destro del capo-clan, latitante dall’ll dicembre 2021 quando evase dai domiciliari concessi in un’abitazione di Campomarino; a 3 anni e 4 mesi al padre Luigi Troiano di 60 anni.
I tre garganici (e con loro Liberantonio Azzarone, 33 anni, nipote di Raduano condannato in primo grado a 18 anni e mesi, ridotti in appello a 13 anni) furono fermati il 7 agosto 2018 dai carabinieri di Foggia su decreti della Direzione distrettuale antimafia.
Furono condannati in pri-mo grado dal gup di Bari il 12 giugno 2020, sentenza confermata in appello a Bari il il 21 febbraio 2022.
Raduano e Gianluigi Troiano (e con loro Azzarone) sono stati riconosciuti colpevoli di traffico di droga aggravato dalla mafiosità; e insieme a Luigi Troiano (e Azzarone) di detenzione di 152 chili di marijuana da cui si sarebbero potute ricavare 805mila dosi, sequestrati a Vieste il 15 ottobre 2017 in contrada Molinella.
Raduano risponde anche di detenzione di 1 chilo e 600 grammi di marijuana, ulteriori 18 chili di marijuana, 6 chili e mezzo di hashish, detenzione illegale di un mitra Kalasnikov, un fucile a pompa e 2 pistole sequestrati a Vieste tra il 30 marzo 2018 e il successivo 3 maggio. Nel ricorso in Cassazione gli avvocati Francesco Santangelo, Salvatore Vescera, Dario Vannetiello, Guglielmo Starace chiedevano l’assoluzione o l’annullamento della condanna di secondo grado e la celebrazione di un nuovo processo d’appello.
Il fermo dei 4 viestani nell’agosto 2018 fu il primo atto dell’inchiesta «Neve di marzo», poi sfociata nel blitz del 23 ottobre 2019 con 15 arresti per droga; nel processo di primo grado a Raduano sono stati inflitti 3 anni e 4 mesi per possesso di una pistola, flirto e ricettazione d’auto; a Azzarone 5 anni e 4 mesi per armi, 1 cessione di cocaina e incendio di un’auto; e Gianluigi Troiano a 1 anno e 4 mesi per concorso con Raduano per ricettazione. Infine Raduano e Gianluigi Troiano sono in attesa di giudizio nel maxi-processo «Omnia nostra» a 45 imputati: Raduano (ha scelto il giudizio abbreviato) risponde di mafia, e di concorso negli omicidi di Giuseppe Silvestri ucciso a Monte Sant’Angelo il 21 marzo 2017 nella guerra tra il clan Lombardi/Ri- cucci/La Torre (alleato del gruppo Raduano) contro i Libergolis; dell’omicidio di Omar Trotta del 27 luglio 2017 a Vieste, collegato alla guerra tra i gruppi Raduano e Perna/Iannoli; e del tentato omicidio di Giovanni Caterino del 18 febbraio 2018 a Manfredonia; Troiano è accusato di concorso nell’omicidioTrottanel processo al via venerdì in corte d’assise a Foggia, è a piede libero per questa grave imputazione.
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