IMPEDITA PER ORA LA POSSIBILITA’ AI COMUNI DI ESPLETARE I BANDI, RESTA IL NODO DELLA APPLICABILITA’ DELLA BOLKESTEIN
—- E’ notizia di questa settimana: ii governo ha approvato tutti i quattro emendamenti ai decreto mille proroghe in materia di concessioni balneari, che ne prolungano la validità di un anno e impediscono ai Comuni di espletare i bandi per i prossimi mesi. Un sospiro di sollievo perla categoria dei gestori delle strutture che hanno ancora un anno di speranza. “Questa proroga è importante perché ristabilisce innanzitutto il ruolo e la dignità del legislatore nazionale”, è il commento dell’avvocato foggiano Vincenzo De Michele, esperto di diritto comunitario che di recente ha pubblicato un articolo sulla questione e che sta assistendo molti concessionari italiani nelle controversie in tribunale.
La disputa sulle concessioni è di livello europeo e riguarda l’applicazione (o meno) della discussa Direttiva Bolkestein.
“Abbiamo tutti gli atti dei vari procedimenti che hanno interessato la Direttiva Bolkestein sulle concessioni demaniali marittime – ha poi aggiunto De Michele -, da questi, compresa la sentenza Promoimpresa della Corte di giustizia e altre precedenti, risulta molto chiaramente che le concessioni balneari marittime, dalla Corte di giustizia prima e poi dalla Commissione europea, non sono considerate rientranti nel campo di applicazione della Direttiva Bolkestein e questo è già un dato fondamentale, ribadito anche di recente dalla Commissione la quale ha confermato che le concessioni balneari non rientrano negli obiettivi del Pnrr e che quindi la proroga delle concessioni non comporterà la perdita delle risorse”.
Questa operazione è quindi politica, l’opinione del legale: “E’ un tentativo di disgregare il tessuto delle nostre piccole imprese che arriva da alcuni ambienti italiani e che naturalmente ha trovato terreno fertile in Europa per fare in modo che le concessioni balneari marittime andassero a gara senza che la gara fosse prevista. La sentenza Promoimpresa del 2016 che, secondo la plenaria del Consiglio di Stato avrebbe imposto la messa a gara delle concessioni balneari, dice esattamente l’opposto, dice che c’è una norma nella direttiva sulle aggiudicazioni delle concessioni, che è la vera direttiva concernente le concessioni in generale (citata anche dalla Corte di giustizia) che effettivamente prevede le gare ma solo a determinate condizioni, cioè con livelli di fatturato elevatissimi, 8 milioni di euro per tutta la durata della concessione. La stessa direttiva, la 123 del 2014, si preoccupa anche di escludere espressamente le concessioni balneari marittime dal campo di applicazione della Direttiva Bolkestein al 15esimo ‘considerando’”.
Eppure, improvvisamente a dicembre 2020 la Commissione europea riapre la procedura di infrazione contro l’Italia che si era già chiusa nel 2014. L’anno precedente, durante un convegno sul tema concessioni tenutosi a Lecce, spuntano precise posizioni a favore dei diritti dei concessionari marittimi. Nel 2020 succede di tutto: “La Cassazione a sezioni riunite si scaglia contro il Consiglio di Stato rinviando alla Corte di giustizia una questione in materia di appalti perché ritiene che le sentenze del Consiglio di Stato violavano in maniera flagrante il diritto dell’Unione – ricorda De Michele -, questo per dire che c’è un contrasto feroce tra Cassazione a sezioni unite e Consiglio di Stato. In risposta a questa lotta, la Commissione europea a dicembre riapre la procedura di infrazione chiusa nel 2014. Il governo italiano, a guida Conte, si difese benissimo con una memoria del professor Condinanzi, uno dei massimi esperti di diritto dell’Unione nella quale spiega con chiarezza che le concessioni balneari non hanno nulla a che fare con la Bolkestein, tra l’altro le norme del trattato escludono proprio le problematiche afferenti alle proprietà dello Stato e delle pubbliche amministrazioni rispetto alle influenze del diritto dell’Unione. In altre parole, lo Stato con i propri beni può fare ciò che vuole. Lo stesso principio espresso dal 15esimo ‘considerando’ di cui sopra. Nel frattempo cade il governo Conte, subentra Draghi che decide pertutt’altra linea, la stessa sostenuta dal Consiglio di Stato che a fine 2021 emana quelle sentenze che praticamente creano una nuova norma abrogando sul piano giurisprudenziale quella vigente. Si scatenano tutti quanti, si parla addirittura di eversione dell’ordine costituzionale, ci sono ricorsi anche alla Corte di Cassazione a sezioni unite per eccesso di potere giurisdizionale dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, che se accolti distruggerebbero l’immagine della stessa adunanza. Intanto il governo Draghi accelera per emanare la legge che si adatta perfettamente alle sentenze creative Consiglio di Stato. Nel frattempo anche il Tar Lecce si scaglia contro l’adunanza plenaria e contesta l’operazione mandando le carte in Corte di giustizia. Questa volta il governo italiano a guida Draghi non invia memorie a difesa delle aspettative dei concessionari ma di fatto dice che c’è una nuova legge e va rinviata la questione al giudice nazionale perché ormai priva di rilevanza”.
In tutto questo, si è votato, c’è un nuovo esecutivo e i balneari non sono rimasti a guardare: hanno attivato una serie di proteste fino ad arrivare, con fatica alla proroga di questi giorni.
“Ora si aspetta la pronuncia della Corte di giustizia ma nel contempo c’è stata una sensibilizzazione generale sul tema, il 14 febbraio è stata depositata dalla Cassazione a sezioni unite una sentenza con cui ha rigettato il ricorso di un concessionario balneare stagionale (che ha cioè proroghe di anno in anno) sostenendo la tesi che il Consiglio di Stato avesse ben interpretato la legge la 145 del 2018 abrogata da Draghi che prendeva in considerazione le concessioni fino al 2033, cioè esclusivamente quelle di lunga durata e non le stagionali. Così facendo però ha fissato anche i principi che dimostrerebbero l’eccesso di potere giurisdizionale esercitato dal Consiglio di Stato. Sarà quindi un anno di transizione in cui, in attesa delle varie pronunce, il legislatore italiano dovrà riappropriarsi della sua funzione anche nell’interlocuzione con l’Europa. Ci sono degli interessi più o meno evidenti di multinazionali che intendono entrare in questa partita economica e che potrebbero profilare i contorni di un nuovo Qatargate”, la conclusione dell’avvocato.
Il tema oggi diventa più generale, l’Europa ha infatti avviato la stessa procedura di infrazione anche contro la Spagna.
l’attacco