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RADUANO FU CATTURATO DOPO 5 MESI DI RICERCHE ORA E’ RIPARTITA LA CACCIA. GIA’ SORVEGLIATO SPECIALE DAL 2017 SCONTAVA IN SARDEGNA UNA CONDANNA DI 19 ANNI PER TRAFFICO DI DROGA AGGRAVATO DALLA MAFIOSITA’

Ci vollero cinque mesi di ri­cerche dei carabinieri, da febbraio a luglio per rintracciarlo e notificargli la sor­veglianza speciale. Giusto per dire che è un uomo che sa nascondersi e sfuggire alla Giustizia Marco Raduano, il trentanovenne capoclan viestano evaso il pomeriggio del 24 febbraio dal carcere “Badu e Carros” di Nuoro, calandosi dal muro di cinta con una corda ricavata con lenzuola: scontava una condanna definitiva a 19 anni per traffico di droga aggravato dalla mafiosità e possesso di armi inflitta nell’inchiesta “Neve di mar­zo” contrassegnata da 19 arresti tra l’agosto quando l’attuale ricercato fu catturato dai carabinieri, e l’ottobre 2019.

Raduano è inoltre in attesa di giudizio nel maxi-processo Omnia nostra alla mafia garganica cori 45 imputati in cui risponde di associazione maliosa, e degli omicidi di Giuseppe Silvestri del 21 marzo 2017 a Mon­te Sant’Angelo e di Omar Trotta del 27 luglio 2017 a Vieste; e del tentato omicidio di Gio­vanni Caterino, presunto basista della stra­ge di San Marco in Lamis del 9 agosto 2017 con 4 morti, sfuggito ai sicari il 18 febbraio 2018.

“E’ in seguito all’omicidio del boss An­gelo Notarangelo avvenuto il 26 agosto 2015 che Raduano è progressivamente emerso negli ambienti della malavita locale fino a essere considerato uno degli elementi di spicco della criminalità viestana”, scriveva il comando provinciale dei carabinieri di Foggia il 7 luglio 2017 nel dar notizia che dopo mesi di ricerche il malavitoso era stato rintracciato a casa (“solo stamattina è stato possibile trovarlo”) per notificargli la sorveglianza speciale, disposta dopo la scarcerazione nel febbraio 2017 al termine di 16 mesi di detenzione.

Il clan Raduano è protagonista della guerra di mafia viestana con i rivali del gruppo Pema-Iannoli: dal gennaio 2015 a agosto 2022 ben 10 morti, 1 lupara bianca, 6 agguati falliti. In ballo la leadership nei traffici di droga, anche perché la costa gar­ganica è punto di sbarco di ingenti quan­titativi di stupefacenti destinati ai mercati italiani. In quella scia di sangue cominciata con la morte di Angelo Notarangelo ancora impunita dopo 8 anni e nonostante vari pentiti nella mafia garganica, Raduano è stato – dicono le inchieste – ora cacciatore, come dimostrerebbe l’omicidio Trotta di cui è ritenuto il mandante; e ora preda, come quando sfuggì alla morte il 21 marzo 2018. Rincasava e tre killer gli spararono con un mitra e due fucili, ferendolo a spalla, gluteo e mano. Il ferimento del boss ruppe la tregua tra clan, seguirono una serie di ag­guati con morti e scampati.

Per il tentato omicidio Raduano aggra­vato da premeditazione e mafiosità con­dannati in primo e secondo grado a 14 anni e 6 mesi a testa i cugini viestani Giovanni e Claudio Iannoli, arrestati il 3 giugno 2019 nel blitz “Scacco al re”. Sono ritenuti al vertice dell’omonimo clan insieme a Gi­rolamo Perna assassinato da sicari ancora ignoti il 26 aprile 2019, dopo essere già sfug­gito a due agguati. Secondo l’accusa, Perna fu il mandante dell’agguato a Raduano com­piuto dai cugini Iannoli e da Gianmarco Pecorelli, assassinato da killer ignoti il 19 giugno 2018 nell’ambito della guerra vie­stana. “Prima comandava Marco, gli ho sparato: mo’ voglio comandare io. Non è morto e siamo rivali, quello da una parte e dall’altra; non puoi più tornare indietro. O te ne vai da Vieste o devi portare avanti la bandiera fino a quando ce la fai: sono due strade, non ce ne sono altre”, diceva Gio­vanni Iannoli a luglio 2018 a un familiare senza sapere d’essere intercettato. In un’al­tra captazione l’imputato parlò della pre­sunta proposta avanzata da Raduano dopo

proprio ferimento: uccidere Perna per porre fine alla guerra: “Ha detto: dobbiamo fare pace, però mi devi fare un piacere, perché in mezzo a voi sta uno che non ci può stare”.

LE ALLEANZE DEL BOSS EVASO CONTRO IL CLAN DEI MONTANARI

Nella mappa dei clan della Capitanata, il gruppo viestano Raduano è alleato sul Gargano con i Lombardi/Ricucci/La Torre (già Romito/Lombardi/Ricucci) rivali dei Libergolis; e a Foggia con i Moretti/Pellegrino/Lanza, la più forte delle tre batterie della “Società”. In questi schieramenti Marco Raduano – il trentanovenne evaso il 24 febbraio dal carcere di Nuoro dove scontava 19 anni per traffico di droga aggravato dalla mafiosità e detezione illegale di armi – rivestirebbe un ruolo importante. Come sostengono Dda e carabinieri nell’inchiesta “Omnia nostra” sulla mafia garganica: 45 imputati e 57 imputazioni tra mafia; 2 omicidi; 1 tentato omicidio; 13 estorsioni e tentate estorsioni; 11 imputazioni di spaccio; 10 di possesso illegale di armi anche da guerra; favoreggiamento della latitanza di 3 ex ricercati; ricettazione di gioielli frutto di un assalto a un blindato nel Nord; autoriciclaggio; truffa allTnps; intralcio alla Giustizia.

In “Omnia nostra” Raduano, che ha scelto il giudizio abbreviato in corso dal gup di Bari, risponde di mafia (reato

Le alleanze del boss evaso contro il clan dei montanari per il quale è detenuto) e di 2 omicidi e 1 tentato omicidio (per queste imputazioni è a piede libero). Si dice innocente. E’ ritenuto uno dei killer di Giuseppe Silvestri vicino ai Libergolis, ucciso a Monte Sant’Angelo il 21 marzo 2017: a dire di un pentito Raduano avrebbe partecipato all’agguato per vendicare la morte del cognato Giampiero Vescera ucciso il 3 settembre 2016 a Vieste nella guerra tra Raduano e i rivali Pema-Ian-noli. E’ accusato d’aver ordinato la morte di Omar Trotta assassinato nel suo ristorante a Vieste il 27 luglio 2017, sempre per vendicare l’omicidio Vescera. Raduano sarebbe infine uno dei tre sicari che il 18 febbraio 2018 a Manfredonia cercarono di ammazzare Giovanni Caterino, condannato in primo e secondo grado all’ergastolo quale presunto basista della strage del 9 agosto 2017 nelle campagne di San Marco in Lamis con 4 morti voluta dai Libergolis per eliminare il capoclan rivale Mario Luciano Romito; il clan Romito/Lombardi/Ri-cucci per vendicarsi si sarebbe rivolto al gruppo Moretti e a Raduano per eliminare Caterino.

 Del ruolo di Raduano hanno parlato vari pentiti dell’inchiesta Omnia nostra. Il viestano Danilo Pietro Della Malva, già componente del gruppo Raduano, ha accusato l’ex socio d’essere coinvolto in una serie di agguati; e sostenuto che “Raduano inizialmente era vicino ai Libergolis; dopo l’omicidio del cognato entrò a far parte del clan Romito/Lombardi/Ricucci. Quando fu scarcerato, mi chiese di parlare con Scirpoli” (mattinatese ritenuto legato al clan) “io feci da tramite e Scirpoli mi disse che l’avrebbe fatto parlare con Matteo Lombardi” (condannato all’ergastolo in primo e secondo grado per l’omicidio Silvestri); “Pasquale Ricucci e Francesco Gentile” (uccisi nella guerra di mafia con i Libergolis, omicidi ancora impuniti). “Raduano poi mi disse d’aver chiesto loro di entrare a fare parte del clan Romito, mettendo a disposizione il proprio gruppo criminale; e d’essersi messo con i Romito per vendicare la morte di suo cognato: da quel momento lui e il clan Romito avevano come obiettivo eliminare tutti i componenti del clan Libergolis”.

 Anche il pentito mattinatese Antonio Quitadamo già appartenente al clan Romito, ha accusato Raduano d’essere coinvolto in alcuni fatti di sangue. A dire poi del foggiano Carlo Verderosa già affiliato al gruppo Moretti, “Raduano era in rapporti con Rocco Moretti” storico capo della Società foggiana: “si incontrarono nel periodo poco prima della morte di Mario Luciano Romito dell’agosto 2017, che fu l’artefice e l’organizzatore di questo incontro. So che Raduano si riforniva di cocaina da esponenti della famiglia Moretti, in cambio forniva la marijuana”.

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