La stretta del governo agli affitti brevi turistici prende forma: il ministero del Turismo ha licenziato un disegno di legge che stabilisce una permanenza minima di due notti nei centri storici delle grandi città e dei comuni italiani. Lo scopo è «fornire una disciplina uniforme a livello nazionale volta a fronteggiare il rischio di un turismo sovradimensionato rispetto alle potenzialità ricettive locali e a salvaguardare la residenzialità dei centri storici ed impedirne lo spopolamento».
La bozza del provvedimento, inviata dall’ufficio legislativo della ministra Daniela Santanché a tutti gli operatori del settore lo scorso 29 maggio, prevede all’articolo 3 anche che ogni appartamento «ad uso abitativo oggetto di locazione per finalità turistiche» abbia un codice identificativo nazionale (Cin), in contrasto della frammentazione regionale delle normative. Questo dovrà essere esposto sulle diverse piattaforme, come Airbnb e Booking, ma anche all’ingresso dell’abitazione stessa. All’articolo 6 sono definite le eventuali sanzioni in caso di mancato rispetto delle nuove regole, come la multa in caso di assenza del codice fino a un valore massimo di 5 mila euro per chi affitta e fino a 3 mila per i siti web.
La permanenza minima di due notti è la mossa del ministero per andare incontro al settore alberghiero, da sempre in concorrenza — segnalata spesso come “sleale” — con il mercato degli affitti brevi. Nei casi di soggiorni da una sola notte, infatti, unica soluzione possibile sarà ricorrere a una struttura ricettiva tradizionale. Nello specifico, l’articolo 4 prevede l’obbligo di applicazione della normativa nei centri storici delle 14 Città metropolitane (tra le quali Roma, Milano, Venezia, Bologna, Firenze e Napoli), ma anche nei comuni «ad alta densità turistica», che sono circa un migliaio sul totale di 78.882 in Italia. Esclusi, invece, i borghi con meno di 5 mila abitanti. Ad oggi, però, i soggiorni di un solo giorno rappresentano circa il 5% del mercato degli affitti brevi nel Paese.
Il disegno di legge riconosce anche il ruolo delle property manager, una figura — rappresentata da un individuo o da una società che ha il compito di gestire uno o più immobili per conto dei proprietari allo scopo di tutelare e accrescere il suo valore. Con l’articolo 5 si chiede all’Istat di aprire un Codice Ateco specifico per rappresentare la categoria, in modo da confermare il loro obbligo ad agire da sostituto d’imposta, versando la cedolare secca per conto dei proprietari che si affidano ai loro servizi. Inoltre, il provvedimento stabilisce che le property manager possano richiedere l’apertura della Scia (Segnalazione certificata di inizio attività) in nome e per conto del proprietario, operazione attualmente impossibile in alcune zone d’Italia (ad esempio il comune di Roma). La dichiarazione diventa obbligatoria per chiunque svolga l’attività di affitto a breve a livello imprenditoriale, ovvero con più di quattro abitazioni.
L’iter prevede che il disegno di legge licenziato dal ministero del Turismo passi al Parlamento, con il coinvolgimento dei soggetti del settore — piattaforme, albergatori e sindaci — che potranno proporre interventi e modifiche.
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